Parla Angela, che con Tatiana ha avuto una figlia all’estero, grazie alla procreazione assistita
Angela mi racconta che con Tatiana si sono conosciute nel 2014 e nel 2017, per poter avere la loro bimba, sono dovute andare all’estero per riuscire ad accedere alla procreazione medicalmente assistita. Nel luglio 2018, a Milano, appena il sindaco Beppe Sala ha aperto questa possibilità, sono riuscite a farsi riconoscere entrambe come mamme di Anita che, per qualche mese, ha “ufficialmente” avuto una sola mamma che è quella che l’ha portata in grembo. Nel 2019 si sono unite civilmente per completare questo percorso.
Tutto bene, dunque, finchéuna circolare della Prefettura ha messo fine all’apertura, fortemente voluta e perseguita dal sindaco Sala, che vedeva il Comune di Milano all’avanguardia nel riconoscimento dei figli di famiglie Arcobaleno. Dal 2018, a Milano, è stato infatti possibile per le famiglie omogenitoriali – che quindi hanno avuto figli da fecondazione assistita eterologa, ovvero con la donazione di gameti esterni alla coppia – vedersi riconosciuti entrambi i componenti come genitori dei minori.
Il Governo Meloni ha messo subito in chiaro la propria posizione rispetto ai diritti di famiglie che, tristemente, secondo una visione ipocrita, non hanno diritto di veder riconosciuto lo stato di fatto delle proprie composizioni familiari. Così la circolare ha messo fine al riconoscimento per i figli di due madri che hanno partorito in Italia ricorrendo alla fecondazione eterologa all’estero, o ai figli di due padri che hanno fatto ricorso, sempre all’estero perchè in Italia non è consentita, alla Gestazione Per Altri (GPA o maternità surrogata). La direttiva non ha effetto retroattivo ma, di fatto, priva dei pochi diritti civili acquisiti le famiglie omogenitoriali italiane.
Le interviste a famiglie Arcobaleno
Per rendere più tangibile l’esperienza, abbiamo incontrato Angela, mamma, assieme alla moglie Tatiana, della giovane Anita.
Angela:“Chi è la mamma?” ci chiedono, ma la risposta è ovvia, “Entrambe!”
Quali problemi pratici vi siete trovate ad affrontare nella gestione di vostra figlia?
«A livello pratico non abbiamo mai avuto problemi, nel senso che quando portavamo la bimba alle visite mediche o a vaccinarsi, Tatiana è sempre potuta entrare negli studi medici, a dimostrazione che la società è infinitamente più avanzata rispetto al Legislatore. La domanda era semplicemente “Chi è la mamma?” e l’ovvia risposta “Entrambe”. Quando è uscita la circolare della Prefettura, le famiglie Arcobaleno milanesi, si sono viste obbligate a “svegliarsi” da questa sorta di sogno milanese in cui le loro composizioni familiari non hanno destato, per anni, né problemi né prese di posizione intransigenti. Mentre i soci dell’associazione Famiglie Arcobaleno, non residenti nelle poche città “illuminate”, facevano i conti con questa discriminazione già da tempo ed erano obbligati a ricorrere alla Stepchild Adoption (il genitore non biologico adotta il figlio, naturale o adottivo, del partner – NdR)».
Cos’ha scatenato la circolare del Prefetto nel dibattito pubblico?
«L’episodio della circolare che impone lo stop alla registrazione dei figli di famiglie Arcobaleno ha, sostanzialmente, riportato in auge una battaglia che viene combattuta da tempo, non solo dalle coppie omosessuali e dalle famiglie omogenitoriali ma anche da eterosessuali fortemente convinti che i diritti vadano necessariamente e imprescindibilmente allargati e non sottratti. Il sindaco Sala si è esposto in prima persona, durante lo scorso Pride, dicendo che avrebbe continuato a riconoscere con la trascrizione lo stato di fatto delle Famiglie Arcobaleno milanesi».
Come funziona il dialogo con il Comune di Milano?
«È un dialogo costante e ci sentiamo quantomeno ascoltate. Il sindaco ha creato una rete con le altre grandi città italiane che hanno, effettivamente, provveduto a proclamare la propria posizione favorevole alle trascrizioni ma nella sostanza, come accaduto per esempio con il sindaco di Roma, aprono alla registrazione di una piccola percentuale di figli, ovvero a quelli nati all’estero da due madri. Vengono escluse, di fatto, tutte le altre modalità come la GPA o la fecondazione eterologa per poi partorire in Italia. Chiaramente questa apertura è stata apprezzata dalla comunità, ma sottolinea l’assoluta necessità di fare altri passi in avanti e di continuare la battaglia in modo più strutturato ed efficace».
Scuola e famiglie Arcobaleno
Angela come vi trovate, nella vostra zona? Avete incontrato difficoltà nel farvi “accettare” come famiglia?
«Abbiamo notato, ed è una cosa che ci ha fatto riflettere che, per esempio, al micronido di Anita (fascia 0-3 anni) c’è stato un po’ di disinteresse. Abbiamo proposto l’apertura di un dialogo con la direttrice ma ci è stato risposto che ci sono molte “diversità” e ci sarebbero state molte altre cose di cui occuparsi, finendo poi per non occuparsi di nulla. Fortunatamente l’esperienza con la classe è stata molto positiva, abbiamo scoperto che c’era all’interno dell’asilo, una bimba con due papà, e non si è verificato alcun tipo di discriminazione».
Com’è la realtà della scuola d’Infanzia?
«Alla scuola attuale, dell’Infanzia, a livello di genitori e compagni è tutto molto naturale, anzi io mi sono anche offerta di essere rappresentante di classe, creando un dialogo aperto con le educatrici. Vorremmo lavorare di più per uscire dal pregiudizio e dal preconcetto che però è una costante linguistica anche all’interno della scuola. Combattiamo da anni, per esempio, contro lo stereotipo che vede i maschi con i capelli corti e le femmine con i capelli lunghi (una battaglia che mi sono trovata a combattere anche ai tempi in cui i miei due figli maschi, scuola primaria e secondaria di primo grado, portavano entrambi i capelli lunghi, lunghissimi. Dimostrazione plastica di come lo stereotipo investa e pregiudichi ogni aspetto e fibra della nostra società)».
Milano capitale dei diritti
Sul finire della nostra chiacchierata Angela mi conferma che Milano, aspetto legale a parte che ci si augura venga sistemato quanto prima, è la capitale dei diritti. La maestra di Anita, senza fare una piega, quando vede che si presentano entrambe a prendere la bimba declama serenamente “Sono arrivate le tue mamme!” dimostrando così la piena accettazione sociale della loro famiglia. I vicini di casa, e i negozianti della zona in cui abitano, non si sono posti il problema di come è composta la loro famiglia ma le apprezzano e le frequentano per le persone che sono, senza pregiudizio né giudizio sulle loro scelte.