5° puntata –In occasione del 150° dell’annessione dei Corpi Santi e del centenario della Grande Milano, 12 itinerari in uscita dalla città del 1865
Da Porta Romana, lungo la Via Emilia fino all’attuale Scalo Romana, poi verso Nosedo, attraversando vestigia e luoghi che hanno fatto la storia d’Italia
La strada che congiunge la Porta Romana all’abbazia di Chiaravalle esiste probabilmente almeno dal VI secolo.
Nel primo tratto essa coincide con l’odierno corso Lodi (vedi articolo sulla Via Emilia del mese scorso) ma al Pilastro, sito dove oggi si trova la “Monta”, cioè il cavalcavia sulla ferrovia dello Scalo Romana, dal corso si dipartiva la strada per Bagnolo e Chiaravalle.
Iniziamo quindi da qui la nostra escursione, percorrendo via don Bosco e via Bessarione: nel 1865 non esisteva ancora il quartiere di San Luigi, né la sua chiesa: c’era una distesa di campi interrotta qua e là da cascine dei cui toponimi non è rimasta traccia (Bettolina, Casette), se non per la Pismonte, ricordata dalla via omonima e a cui si giungeva tramite una breve diramazione; le ultime vestigia di questo borgo rurale sono scomparse alla fine del XX secolo.
Poco più avanti incontriamo il primo e, nell’antichità, più importante dei borghi sulla strada: Nosedo, il cui etimo fa subito pensare a boschi di noci e che un tempo costituiva un comune di quattrocento abitanti, distribuiti su poco più di duecento ettari.
Vitige o Alboino fanno fuggire il clero
La sua esistenza risale al sesto secolo, almeno stando a due leggende ritenute però credibili e legate all’arrivo a Milano dei Goti di Vitige (539) oppure dei Longobardi di Alboino (569). Pare che in quest’ultima occasione il vescovo Onorato (e il clero della città che fuggì con lui) si ritirò proprio a Nosedo, e di certo il suo corpo fu qui sepolto e solo più tardi traslato in Sant’Eustorgio. Inoltre, dopo la distruzione di Milano ad opera del Barbarossa, nel secolo XII, ai milanesi di Porta Romana furono destinati i campi tra Nosedo e la cascina Pismonte sopra citata, affinché vi costruissero le loro baracche. Nell’estate del 1163 i milanesi deportati costruirono la Torre Trionfale (un deposito di denaro) e a fianco sorse un importante palazzo (di cui purtroppo si è persa traccia) in cui nel XIV secolo i vescovi cosiddetti “suffraganei” erano tenuti a soggiornare una settimana ogni anno e a celebrarvi le funzioni.
Del borgo ai nostri giorni sono rimaste alcune cascine: Nosedo, poi Casotto e Casottello (su via Fabio Massimo, in località detta all’epoca Nosedo San Nazaro) e, soprattutto, Cascina Corte San Giacomo che ospita nel suo perimetro la chiesetta dei Santi Filippo e Giacomo, originaria forse del sesto secolo, che conserva al suo interno, sulla parete absidale, un rarissimo affresco del tardo Trecento: un “Cristo benedicente” inserito in un ovale, attorniato da santi ed angeli, al di sopra del quale una fascia a motivi floreali è periodata da volti di santi, inscritti in circonferenze. Ancora più sopra, è visibile la travatura originaria del soffitto, protetta come l’affresco da una controsoffittatura che ne ha consentito la conservazione fino ai nostri giorni.
La cascina con il comando di Radetzky
Nel tratto successivo, fino al bivio per Chiaravalle, due sono i punti di interesse risalenti a prima del 1865: a destra, poco dopo la nuova rotonda, si trova la Cascina Grande, affiancata da gradevoli alberature, mentre sulla sinistra, di fronte ad essa, al civico 121, si trova la Cascina Carpana, struttura a corte che ha a lungo ospitato il Centro Ippico Ambrosiano (una scuola di equitazione) e il cui nome pare provenire da un bosco di carpini che vi si trovava: essa ospitò durante la Prima Guerra di indipendenza un comando austriaco nell’agosto 1848, poco prima della firma dell’armistizio Salasco con i Piemontesi presso la cascina Roma di San Donato, e qui subirono un agguato mentre andavano a firmare il trattato.
Giunti al bivio in fondo alla via, nel 1865 saremmo andati oltre il passaggio a livello ormai scomparso per giungere a Bagnolo, destinazione primigenia della strada: questo borgo infatti deve il suo nome a una caratteristica delle ville qui costruite dagli antichi romani, quella di farsi contornare da alcuni servizi come i bagni pubblici, e gli storici indicano proprio in questa presenza la derivazione del nome di questa località. La posizione tra l’altro era strategica: infatti essa veniva a trovarsi vicina alla Via Emilia e sorgeva quasi a ridosso della Vettabbia, che veniva alimentata dai tre corsi d’acqua deviati dai Romani (Vepra, Nirone e Seveso) e che al tempo era navigabile.
A sinistra lungo la via avremmo trovato la Grangia di San Francesco dell’Accessio (quest’ultimo, termine giuridico degli antichi romani), cascinale ormai in rovina ma ancora visibile: tutto ciò fa parte del Comune di San Donato, ma nel 1923, dopo l’annessione di Chiaravalle, era parte di Milano, e fu ceduto in seguito.
Girando invece a destra in località La Prospettiva (attuale rotonda di via Sant’Arialdo) si entra in Chiaravalle. Dopo un centinaio di metri la strada raggiungeva la località detta Madonnina per la cappelletta della famiglia Invernizzi (fine ‘700): qui si poteva già allora svoltare a sinistra e, superato il passaggio a livello (ora sparito, ma il casello c’è ancora), troviamo l’ex Municipio nonché ex Scuola del paese (inizio XX secolo, quindi nel 1865 non ancora presente), indi la piazza del borgo, che un tempo era detto “Le Grangie”, nome che ora individua una cascina ancora visibile, seppure in pessimo stato.
L’abbazia fondata da San Bernardo
Proseguendo invece lungo la via Sant’Arialdo, superato un ponte sulla Vettabbia, tuttora raggiungiamo lo spettacolare complesso dell’Abbazia di Chiaravalle. Il complesso, fondato nel XII secolo da S. Bernardo, è costituito dalla torre nolare di Pecorari (ciribiciaccola), dalla chiesa abbaziale (con antichi affreschi e un pregevole coro ligneo), e dal chiostro (splendido cannocchiale della torre), ma non vanno trascurati la cappella di San Bernardo (spesso chiusa, all’ingresso, con affreschi), l’antico cimitero (dietro l’abbazia, XV secolo) e il Mulino ad acqua (attivo dal 1238 e ora usato a scopo didattico, con ruota alimentata dal Cavo Masnino) con orto di piante officinali.
Proseguendo oltre, oggi come ieri, ci si perde nella campagna punteggiata dalle cascine quali la Gerola (in parte abitata, in parte in ristrutturazione) e la Fornace (trasformata in villa e ora in luogo di accoglienza), passando davanti al cimitero comunale (sorto però solo nel 1895).
* di Fondazione Milano Policroma e Ass.ne Antichi Borghi Milanesi