“Scuote l’anima mia Eros, come vento sul monte che irrompe entro le querce, e scioglie le membra e le agita, dolce amara indomabile belva “. Lo confesso, ho sempre amato – da quando li leggevo a 16 anni nella fulgida traduzione del poeta Salvatore Quasimodo -la travolgente potenza, e la limpida bellezza dei lirici greci (dal VII al V sec. A.C.) nonostante il divario di secoli e millenni che li separa da noi. Ieri come oggi, Saffo, Archiloco, Alceo, Pindaro (per citarne solo alcuni) continuano a darmi una gioia insensata, indecifrabile, nell’essenzialità assoluta nell’esprimere l’intensità dei sentimenti, in preda alla furia amorosa o nella contemplazione quasi estatica guardando il cielo notturno, le immagini e le metafore luminose che attraversano i i loro versi. Sono il Il bag bang della poesia amorosa. Ed è stata un’occasione unica per sentir riecheggiare quelle liriche inarrivabili, che affiorano come lacerti di affreschi del mondo antico, nell’estate dei Bagni Misteriosi del Teatro Franco Parenti di Milano, martedì 18 luglio, nel reading di Laura Marinoni Con te, Afrodite, ho parlato in sogno in cui l’attrice milanese (Premio Flaiano 2021 alla carriera) ha dato voce a parole antiche ed eterne racchiuse nei Lirici Greci (Ponte alle Grazie, 2021) del poeta Roberto Mussapi, superbo traduttore anche di Shakespeare, Melville, Baudelaire, Beckett, Byron, Yeats,Whitman, Properzio, Villon, che era presente, seduto in prima fila, di bianco vestito. “È una poesia che nasce dalla voce e per la voce“, afferma Mussapi che nella sua opera attinge anche ai tragici (Euripide, Eschilo e Sofocle).
La lettura scenica di Laura Marinoni è impreziosita dall’ accompagnamento di Salvatore Iaia al violoncello (eco della lira e della cetra, primordiali strumenti con cui i componimenti venivano cantati o recitati) e dalla magia dell’acqua: il palcoscenico è una pedana mobile in legno grezzo, appoggiata sulla piscina grande dei bagni misteriosi (utilizzata di giorno dai bagnanti come solarium).
La potenza di Eros
Al centro di tutto c’è l’Eros, “la dolce amara belva indomabile”(Saffo). La potenza di Eros. Ineluttabile perché nessun essere vivente può sottrarsi. Incontenibile nei suoi fuorori che si fa passione bruciante, ossessione, gelosia, rimpianto per la felicità perduta, lamento o supplica. Fonte di tormento. Ma al tempo stesso ragione di vita, luce, respiro. C’è la gioia del banchetto, c’è il vino, le ghirlande intrecciate con steli di aneto, la grazia di uno sguardo, il desiderio non corrisposto, la tristezza per la vecchiaia di Mimnermo: “E quale vita, e quale gioia senza l’aurea Afrodite?”; c’è l’ebbrezza di Anacreonte: “Ragazzo, porta l’acqua, il vino e le ghirlande: con eros voglio fare a pugni”. Eros che colpisce all’improvviso “con una grande scure, come un fabbro” (ancora Anacreonte) ogni volta accendendo una nuova passione. Ci sono due liriche strepitose della giovane Erinna (secolo IV a.C) che piange l’amica morta Baucide, ricordando i giochi dell’infanzia. Ci sono le parole (di Euripide) della nutrice di Ippolito rivolta a Fedra, che respinta dal figliastro, si ammala d’amore, consumandosi fino a morirne, che dice “[s]e questo amore è una malattia / sia il tuo contagio e la tua cura insieme”.
Desiderio di passioni liquide, sempre più in calo
E’ un tuffo al cuore, tornare a sentire, tutto insieme in un impeto inaspettato, la pienezza che abita l’adolescenza del mondo, la potenza di quel principio primordiale che continua ad animare il nostro desiderio in epoca di passioni liquide, sempre più in calo (Internet ha portato a un totale riempimento del nostro apparato di desideri, privato del mito, i desideri ci giungono già confezionati dal mercato, scrive lo psicoanalista Luigi Zoja, nel suo recente saggio: Il declino del desiderio). Un tempo Eros era un dio temibile e affascinate e oggi non sappiamo più cosa farcene, come viverlo, come trarne felicità e benessere. Evitato, scansato, non vissuto. O rubato con la violenza. Eppure ne abbiamo bisogno, probabilmente. Anche solo del miraggio. Della energia travolgente di questo principio primordiale dolceamaro che muove il mondo, incarnazione della potenza dell’amore. “È all’antichità classica, che torniamo quando siamo stanchi della vaghezza, della confusione; e della nostra epoca”, scriveva Virginia Woolf nei suoi Diari.