L’inno della città di Milano? Non ci sono dubbi in proposito: O mia bela Madunina (che te brillet de lontan, tuta d’ora e piscinina, ti te dominet Milan), la celebre canzone composta nel 1935 da Giovanni D’Anzi, dedicata alla statua d’oro posta (nel 1774) in cima alla guglia più alta del Duomo di Milano. Un inno alla città, alla sua qualità di accoglienza e operosità. «Una serenata che ancora oggi, a tanti anni di distanza, suscita simpatia ed emozioni, significativa dal punto di vista storico: nelle strofe della canzone è infatti racchiuso tutto il complesso rapporto della società dell’epoca con le migrazioni e le migliaia di lavoratori provenienti dal sud Italia», racconta Piero Colaprico, direttore artistico del Teatro Gerolamo (nonché scrittore di noir ambientati a Milano).
Sabato 16 settembre alle ore 20 la stagione del Teatro Gerolamo di Milano (piazza Beccaria 8) si apre proprio con lo spettacolo Non dimenticar le mie canzoni, un omaggio al grande maestro Giovanni D’Anzi (Milano, 1º gennaio 1906 – Santa Margherita Ligure, 15 aprile 1974), scritto dallo stesso Colaprico, in scena con Gigi Marson al pianoforte, a lungo pianista di Enzo Jannacci, la cantante Filly Lupo, la regia e l’allestimento di Maria Roccatagliata. E con due veri osti i Bissolotti Boys , Angelo e Paolo Bissolotti, dell’Osteria del treno di via San Gregorio. «Il D’Anzi è presente nei ricordi dei meno giovani ma anche i giovani, a cui il nome D’Anzi dice forse poco però conoscono le sue canzoni più famose come la Madonnina », continua Colaprico e svela una chicca. Il pianoforte che suona Marson è proprio quello appartenuto a Giovannino D’Anzi, «Il fatto che la famiglia D’Anzi l’abbia donato proprio al Gerolamo, ci gratifica enormemente», sottolinea Colaprico.
Ma nello spettacolo che mescola musica divertimento e aneddoti non c’è un sentimento di banale nostalgia per i temp indrée, c’è invece tanto affetto per una città e per il suo re, come lo definisce la targa a lui dedicata nel 1990 all’ingresso della Galleria Del Corso, proprio qui a due passi dal Teatro Gerolamo”. E il 7 dicembre 1965 gli era stata conferita dal Comune di Milano, nella persona dell’allora sindaco Pietro Bucalossi, la medaglia d’oro di benemerenza civica. Milanese fino all’osso (in una lettera scritta da New York si definisce “affamato di Milano” D’Anzi nasce a Milano, nel popolare quartiere di Porta Genova, il 1 gennaio1906, papà Antonio, era arrivato dalla Puglia come ispettore della Birra Italia poi in zona Greco apre un locale. Fin da subito il piccolo Giovanni, dimostra di avere uno spiccato talento per il pianoforte e un’autentica passione per la musica. In casa D’Anzi una volta alla settimana arrivava un insegnante di pianoforte che impartiva privatamente lezioni alla sorella Maria, Giovannino assisteva alle lezioni e con un dito strimpellava a sua volta, il maestro intuì che il “geniaccio” della famiglia era lui, e lo affiancò a Maria. Rimasto orfano a nel 1920 D’Anzi inizia a lavorare come pianista guadagnandosi da vivere accompagnando la proiezione di film muti nei cinema milanese Franco-Belga di viale Monza e accetta di suonare, per cinque lire l’ora, nella scuola di ballo di certa signora Marzuni in via Cavallotti.
Piero Colaprico.
Nel 1925 la svolta. Il Giovannino fu notato da Lydia Johnson, forse la più celebre soubrette del momento e diva incontrastata del varietà, divenuto il suo pianista e ben presto il suo compagno, la seguì in tournèe prima a Napoli e poi a Parigi e conobbe un’ulteriore affermazione. Scrisse la sua prima canzone, Charlestonmania, che dedicò alla Johnson. Concluso il sodalizio con la Johnson, nel 1927, fece ritorno a Milano, dove fu chiamato a dirigere l’orchestra della compagnia Berardi-Bruno; contemporaneamente diventa il pianista a Le pavillon dorè, una sorta di café chantant nei sotterranei del Teatro Trianon all’interno del prestigioso Albergo del Corso (o Corso Hôtel) al civico 15 di corso Vittorio Emanuele (Nel 1954 il teatro che aveva subito gravi danni dalla guerra venne demolito, ma si tentò in qualche modo di preservare la facciata, in stile liberty che venne così smontata e inglobata nel nel palazzo della Reale Mutua Assicurazioni, che andava sorgendo nello slargo, ribattezzata piazza Liberty). Fu proprio in questo periodo che Alfredo e Alberto Curci lo scoprirono e lo scritturarono per la loro casa editrice come autore di canzoni. E assieme al paroliere Alfredo Bracchi formò una prolifica coppia di autori musicali, attiva tra gli anni trenta e cinquanta. E molte delle loro canzoni (ne scrissero oltre 500 per cinema, radio e rivista) divennero grandi successi come Silenzioso slow, Ma l’amore no, lanciato da Alida Valli nel film di Mario Mattoli, Ma le gambe, Bambina innamorata, Non dimenticar le mie parole, Non partir, Ti dirò, Signorina grandi firme, Silenzioso slow (abbassa la tua radio, per favor), Tu musica divina. Molti saranno i successi in dialetto milanese, fra i quali: Lassa pur (che el mond el disa), Nostalgia de Milan, I tosan de Milan, Mariolina de Porta Romana, Me senti milanes, El Biscella de Porta Cines, El Gagà del Motta, El perruccher de dona, La morta, I tosan de Milan.
Ma torniamo alla Madonnina. Sapete com’è nata? Al Trianon. A Giovanni D’Anzi veniva spesso richiesto, da una parte del pubblico che era arrivato dal Sud, di suonare il ricchissimo repertorio di canzoni della tradizione napoletana o del sud Italia. Ma era arrivato il momento di cantare con orgoglio anche Milano, in stretto dialetto. Racconta lo stesso D’Anzi con un tono affettuosamente polemico anche perché, volendo vedere, aveva origini pugliesi: «Ma guarda questi qui, cantano le bellezze di Napoli e Roma, ma per far qualche soldo devono venire a Milano!». Rincasato che era ormai l’una di notte si sedette al pianoforte e compose la celebre canzone. Propose l’esecuzione alla cantante Linda Pini, una «mezza matta come me», per fare «uno scherzo ai napoletani, per vedere le loro facce».
Non tutti sanno invece che D’Anzi con Alfredo Bracchi (parole) ha scritto anche un brano Metropolì Metropolà per l’inaugurazione della prima metropolitana di Milano, il 1° novembre 1964. Una canzone di 2 minuti e 22 secondi in dialetto milanese, ma facilmente comprensibile, chiaramente ispirata alla celebre Funicolì, Funicolà scritta nel 1880 da Giuseppe Turco e Luigi Denza. per celebrare l’inaugurazione della funicolare del Vesuvio.
L’omaggio al Giovanni D’Anzi e (che sarà disponibile on demand, riprogrammabile ogni volta, a seconda della richiesta del pubblico) fa parte della nuova rassegna dedicata agli spettacoli milanesi nell’ambito del programma messo a punto per la stagione 23-24. «Mi sembra di aver formato, in accordo con la direttrice Chitose Asano, un programma ricco e vario, avendo un occhio di riguardo verso la nostra città e le sue radici. Il Gerolamo che una lunga storia milanese (fu fondato nel 1868), ed è nel cuore del centro storico, è sicuramente il teatro dei milanese», conclude soddisfatto Colaprico, al secondo anno da direttore artistico.