Dopo il tramonto, un elegante ricamo di fili luminescenti, blu e rossi di straordinaria suggestione, quasi sismografi di armonie cosmiche rassicuranti, scaturiti dal buio (installazione di Sebastiano Messina, scenografo, costumista, light artist) fanno luce sulla chiesetta di San Protaso e annunciano il progetto. Il 12 gennaio fino al 31 marzo 2024 ha preso il via il ciclo di mostre San Protaso in luce, progetto espositivo ideato e curato dall’artista milanese Nino Alfieri, pioniere della light art in Italia, uno dei filoni più affascinanti dell’arte contemporanea, che ingloba arte, design e architettura.
Per tutta la durata del progetto, nei giorni di venerdì, sabato e domenica, dalle ore 18 alle 21 si alterneranno, come una staffetta simbolica, diversi artisti. Ognuno in maniera diversa propone una installazione di luce in dialogo con gli architetti Manuele Alfieri, Marco Brianza, Paolo Calafiore, Leonilde Carabba, Cristiana Fioretti, Kaneko Studio, Massimo Hachen, Pietro Pirelli e Sebastiano Romano. Tutte le mostre saranno affiancate da interventi musicali di Massimiliano Viel, Corrado Saija e Giorgio Presti, e dall’ensemble polifonica di musica antica Atti Soavi e la voce narrante di Kate Varrey.
Gesa del lusert, salvata dal cantiere M4
La luce è energia capace di coinvolgere il fruitore sul piano emotivo e cognitivo, uno spazio immateriale dove si attua materialmente l’incontro con l’altro da noi, come ha sottolineato alla presentazione dell’iniziativa Jacqueline Ceresoli, curatrice, storica dell’arte, docente dell’Accademia di Brera, autrice del saggio Light art, paradigma della modernità (edito da Meltemil). Non è un caso la scelta del luogo: la Gesa del lusert, sullo spartitraffico di via Lorenteggio all’altezza del numero 31. Un luogo carico di storia, di simboli e di energia irrefrenabile. Edificata intorno al Mille, secondo una leggenda, qui nel 1162 entrò il Barbarossa come atto di devozione per invocare la vittoria. In epoca napoleonica fu usata come deposito delle armi, Federico Confalonieri usò l’oratorio come covo di cospirazione carbonaro per i moti rivoluzionari contro gli austriaci. Miracolosamente risparmiata dalla sviluppo urbano del dopoguerra, e recentemente minacciata dalla ruspe della quarta linea della metropolitana Linea Blu, (M4), è stata salvata grazia alle volontà degli abitanti della zona capitanati da Paola Barsocchi, presidente dell’Associazione Culturale Amici della Chiesetta di San Protaso al Lorenteggio.
Ottenuto vincolo architettonico in extremis
Da anni la presidente si sta occupando della valorizzazione dell’edificio, unitamente ad Ascoloren (Associazione Commercianti Lorenteggio), con tanto amore e passione. Barocchi quando scoprì (con comprensibile sgomento) che quel bene non figurava fra quelli tutelati dalla Soprintendenza alle Belle Arti e Paesaggio, non esistendo (alla data) alcun vincolo architettonico che ne vietasse la distruzione, si attivò immediatamente per ottenere il vincolo architettonico e a salvarla in extremis.
M4 è stata costretta quindi a rivedere il progetto e a spostare l’area di cantiere a maggior tutela della chiesetta, che conserva all’interno affreschi eseguiti in epoche diverse e spesso sovrapposti. ll più antico è un fregio nell’abside databile intorno all’anno Mille, con scene di caccia. Sul sagrato di ciottoli della chiesa è stato sistemato anche il cippo stradale, rinvenuto durante scavi ottocenteschi, che un tempo indicava il territorio dell’antico “Comune di Lorenteggio e Uniti”. Se non ci fosse stato quel documento della Soprintendenza, arrivato giusto in tempo, a fermare le ruspe, lo scempio sarebbe stato compiuto.
Adesso, con forme e colori luminosi gli artisti modificheranno la percezione dello spazio interno, invitando l’osservatore a nuove riflessioni e alterazioni percettive del tempo e dello spazio che come dice Ceresoli «Ci illuminano sulla necessità di riacquistare la luce della pace nel buio della barbarie, dato dallo scenario di odio e di guerra in cui ci troviamo a vivere. La dove c’è luce c’è incontro».