Il Piano Quartieri del Comune descrive così Gratosoglio, quartiere popolare di case gestite da Aler Milano: “diffuso degrado edilizio e scarsa attrattività degli spazi comuni, concentrazione di soggetti in condizioni svantaggiate, generale invecchiamento della popolazione e problematicità della presenza migratoria, assenza di luoghi di aggregazione e diffusione di comportamenti vandalici e piccola criminalità”. Ma è proprio così?
In queste ultime settimane il quartiere Gratosoglio è, come spesso accade, al centro delle cronache cittadine: rifiuti nelle strade, incendio alle Torri Bianche e intervista preoccupata di don Paolo (parroco fra l’altro di Santa Maria Madre della Chiesa in via Saponaro) a un quotidiano nazionale. Il panorama che appare è quindi quello di una periferia in degrado e abbandonata a sé stessa, dove i problemi si sommano ai problemi, senza soluzione di continuità.
Nella candidatura per il Piano Quartieri del Comune, si scriveva che Gratosoglio è un esempio tipico di “quartiere in crisi”. A caratterizzarlo sono infatti: “diffuso degrado edilizio e scarsa attrattività degli spazi comuni, concentrazione di soggetti in condizioni svantaggiate, generale invecchiamento della popolazione e problematicità della presenza migratoria, assenza di luoghi di aggregazione e diffusione di comportamenti vandalici e piccola criminalità”.
Ma è proprio così? Oppure la situazione è più complessa?
Innanzitutto, si può dire che il tessuto sociale è ben vivo. Le associazioni che operano nel quartiere sono numerose e svolgono da anni iniziative, interventi e progetti meritevoli e importanti. Sembrerebbe quindi di trovarsi di fronte a una specie di quartiere bipolare, vivo ma immerso nei suoi problemi ricorrenti e ormai radicati.
Don Paolo, nella sua intervista, aveva detto fra l’altro parole importanti: “E così non va bene, perché si alimenta l’idea che si può vivere male e solo peggiorare”. E questa è l’idea che occorre assolutamente sradicare, affrontando e risolvendo le carenze primarie del quartiere, a partire dal problema casa, tenendo conto fra l’altro che secondo gli ultimi dati ci troviamo di fronte a 267 alloggi sfitti e 100 occupati su 3.200 alloggi di edilizia pubblica.
Il quartiere è quasi totalmente costituito da case popolari di proprietà Aler Milano – Regione Lombardia che soffrono di degrado e abbandono, nonostante i finanziamenti ricevuti per la ristrutturazione dei palazzi. Ma tutto rimane sospeso. Le aree comuni abbandonate e ammalorate, con la cosiddetta piazza senza nome emblema di questo abbandono. Negli anni scorsi le istituzioni hanno detto, hanno promesso ma nulla è accaduto, la piazza è sempre senza nome.
Vorremmo aggiungere che per il Gratosoglio sono annunciati ormai da tempo interventi per ben 52,3 milioni di euro, che derivano da fondi Pnrr e Pinqua (Programma innovativo per la qualità dell’abitare). Sono investimenti importanti e innovativi che tardano ad arrivare e che, se effettuati, darebbero uno sviluppo e una speranza nuova al quartiere e ai suoi abitanti: interventi di efficientamento e di ricondizionamento degli edifici residenziali, riqualificazione, illuminazione e sicurezza degli spazi aperti e dei percorsi pedonali nei dintorni degli edifici, rifunzionalizzazione delle ex portinerie, riuso di spazi commerciali dismessi, qualificazione, alloggi di supporto alla domiciliarità per la popolazione anziana.
Speriamo allora che presto qualcosa si possa muovere, confidando nell’efficacia dell’incontro pubblico organizzato dal Municipio 5, e fissato per il 14 febbraio alle ore 18, al Cam di via Saponaro 30, nel quale si tratteranno i temi principali che interessano il quartiere e che vedrà la partecipazione dell’assessore alla Sicurezza del Comune di Milano Granelli, quello alla Casa Maran, il delegato alla sicurezza Prefetto Gabrielli. All’importante appuntamento sono stati invitati anche i direttori di Aler ed Amsa.
Crediamo insomma che sia giunto il momento di smentire la triste idea che si può vivere male e solo peggiorare. E don Paolo sarà il primo a esserne felice.
Incontro pubblico: 14 febbraio, ore 18, Cam di via Saponaro 30
Immagini inequivocabili
ll Protocollo d’intesa tra Aler, Amsa e Comune, nonostante avesse delle buone premesse non ha dato i risultati attesi. Per documentarne il fallimento sono sufficienti queste tre immagini, assai eloquenti (foto F. Mochi)
Foto 1. Scattata nei pressi della recinzione della piazzola di raccolta rifiuti dei civici 240, 242, 244 di via Baroni, poche ore dopo il passaggio di Amsa: i cassoni svuotati sono lasciati aperti, per terra residuano sacchetti e rifiuti vari che avrebbero dovuto essere raccolti dagli operatori di Aler, mentre all’esterno giacciono cumuli di immondizie abbandonate a terra.
Foto 2. Documenta un operatore di Aler che in via Baroni deposita fuoriorario i sacchi dei rifiuti domestici al di fuori dalle casette ecologiche il pomeriggio precedente il passaggio di Amsa, quando dovrebbe eseguirlo tra le ore 7 e 8 del giorno previsto.
Foto 3. Mostra la casetta dei rifiuti di via Baroni 200 invasa dall’immondizia da tempi immemorabili.
Fact-checking – I rifiuti non lasciano Gratosoglio. Risultati palesemente insufficienti a due anni dalla firma del Protocollo d’intesa tra Comune, Aler e Amsa. (Di Francesca Mochi) |
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La scarsa manutenzione e il mancato adeguamento alle norme degli edifici Aler, l’insufficiente controllo e l’abusivismo sono tra i motivi principali del degrado in cui versa il quartiere Gratosoglio sud. A questa già problematica situazione si aggiunge lo spettacolo indecente di cumuli di immondizia abbondonati per le vie Baroni e Saponaro, causati dalla mancanza di strutture adeguate per lo smaltimento, dal non rispetto dei giorni e dei tempi per l’esposizione dei sacchi da parte degli addetti Aler, dal menefreghismo di molti abitanti. Una situazione che si protrae da anni, che anzi peggiora, perché degrado chiama degrado. Già nel 2019 un’ondata di proteste da parte degli abitanti e delle associazioni di quartiere esasperati, aveva indotto il Comune a diffidare Aler e Regione a realizzare in pochi mesi altri tre nuovi punti di raccolta rifiuti, adeguandosi al vigente Regolamento edilizio del Comune di Milano (del 2014), che prescrive che ogni edificio debba essere dotato di spazi adeguati alla raccolta, senza cui non si ottiene l’agibilità (art. 94) e che, nel caso tali spazi siano esterni, debbano essere coperti e chiusi per motivi igienico-sanitari (art 125). Obblighi disattesi da parte di Aler e Regione. L’anno successivo, 2020, furono presi degli impegni tra Municipio 5, Amsa, Aler e Regione Lombardia, proprietaria di tutti gli edifici popolari del quartiere, per il posizionamento di 22 cassonetti provvisori noleggiati da Amsa, in attesa della costruzione delle casette ecologiche. Si parlò anche di controlli più stringenti e di nuove strutture per i conferimenti. Impegni ancora una volta disattesi. A ottobre 2020 uscì sul giornale Milanosud un “quaderno di doglianze” a firma del direttore Stefano Ferri, in cui si denunciava che i cassonetti posti nelle vie erano pochi e insufficienti, delle casette per il conferimento dei rifiuti si erano perse le tracce, così come di telecamere e fototrappole. E per quanto riguardava i percorsi di educazione ambientale praticamente nulla era stato fatto. I cumuli di immondizia per le strade confermavano. Alla fine del 2021, il nuovo presidente del Municipio 5, Natale Carapellese, organizzò incontri e ispezioni sul luogo con gli assessori comunali Grandi, Granelli, Maran insieme ad Amsa e Aler per promuovere una sollecita e fattiva collaborazione e cooperazione tra tutti i soggetti interessati. Il 10 marzo 2022 venne finalmente sottoscritto il Protocollo d’intesa tra Comune di Milano, Municipio 5, Aler Milano, Amsa, autogestioni e amministratori di condominio per risolvere l’annosa criticità dei rifiuti abbandonati lungo le vie di Gratosoglio sud. Il Protocollo d’intesa, sollecitato da Carapellese, dopo anni di impegni disattesi, definiva gli interventi che i sottoscrittori avrebbero dovuto attuare, secondo un preciso cronoprogramma e suddivisione dei compiti. Cosa (non) è stato fatto a due anni dalla firma Protocollo Il protocollo prevedeva un periodo di sperimentazione concordata con Aler di sei nuove isole di raccolta recintate. Il monitoraggio del lavoro degli operatori della società addetta alla raccolta e al conferimento dei rifiuti. Il posizionamento di apparecchi fototrappole per gli scarichi illegali e per la sicurezza. Un programma di incontri e una campagna di educazione ambientale. In particolare: Aler. Ha terminato di costruire pochi mesi fa, nelle aree temporanee di stoccaggio del Comune, sei piccole piattaforme recintate in cui sono stati dislocati i cassoni Amsa, ma non verifica il lavoro di raccolta dei rifiuti e di pulizia degli spazi. Amsa. Ha mantenuto i cassoni provvisori disposti nelle strade del quartiere sud dove minore era il numero delle casette ecologiche, interviene con discreta tempestività in caso di segnalazioni di abbandoni abusivi di rifiuti, meno nella pulizia delle strade dopo la raccolta. Polizia locale. Ha posizionato 5/6 telecamere in diverse postazioni per attività di monitoraggio e controllo sistematico dei comportamenti scorretti o illegali dei cittadini, sorprendendo alcuni furgoni e macchine che sversavano sacchi di rifiuti vari lungo le strade, che sono stati multati. Educazione ambientale: irrilevante la campagna di informazione e sensibilizzazione presso i cittadini, se non le informazioni in diverse lingue nei bollettini Aler per gli stranieri. Insomma troppo poco per far fronte alla dimensione del problema come evidenziato nelle foto dei primi di febbraio 2024. |