Le zone della città in cui la circolazione dei veicoli è limitata sono più sicure e con meno smog. Ma soprattutto sono più vivibili, perché mezzi e persone convivono. Con tanti inaspettati vantaggi per tutti. Automobilisti (reticenti) compresi.
Milano, via Treccani degli Alfieri (foto Freemedia)
Milano è una delle città più dinamiche e interessanti d’Italia. Sta abbracciando una trasformazione significativa anche nella sua infrastruttura stradale: l’implementazione della Zona 30. Questa iniziativa, che mira a limitare la velocità massima a 30 km/h in molte strade urbane, sta rivoluzionando la percezione della città, da mero luogo di transito, stressante e iper performante, ad ambiente urbano che cerca di garantire sicurezza e sostenibilità.
Uno degli obiettivi dichiarati della Zona 30 è migliorare la sicurezza stradale. Riducendo la velocità massima consentita, si riesce a diminuire sensibilmente il rischio di incidenti, rendendo le strade più sicure per pedoni, ciclisti e persino per gli automobilisti. I dati preliminari mostrano una netta diminuzione degli incidenti e delle lesioni, confermando l’efficacia di questa strategia.
«Sicuramente il lavoro politico in direzione del provvedimento è andato avanti – spiega Marco Mazzei, presidente della commissione Mobilità attiva e accessibilità del Comune di Milano, appassionato di bici, accompagnatore di “Massa Marmocchi”, l’associazione di genitori che porta i propri bambini a scuola in bici. La città 30 riduce la circolazione dei veicoli, ma è soprattutto il progetto di una città più vivibile dove gli equilibri tra le persone e i mezzi a motore siano, sostanzialmente, rivisti a favore delle persone. Si tratta inoltre di qualcosa di più ampio respiro rispetto alla semplice riduzione della velocità in ambito urbano. Credo che il percorso avviato da Milano troverà la sua declinazione in un progetto che avrà un altro nome rispetto a città a 30 ma che avrà gli stessi contenuti».
Per il Comune l’implementazione delle Zona 30 non è priva di sfide. Prima di tutto in termini comunicativi. Alcuni automobilisti trovano difficile adeguarsi alla nuova limitazione di velocità. Per questo è necessario creare soprattutto consapevolezza sull’utilità pubblica, facendo campagne educative che facilitino questa transizione. Mostrando anche come la velocità di crociera, in città, sia quasi sempre inferiore ai 30 km/h. È un processo che richiede collaborazione e comprensione da parte di tutti gli attori coinvolti. «Ci siamo chiesti come realizzare un piano percepito in modo più corretto dai cittadini – continua il consigliere – il focus deve essere anche sulla comunicazione del contenuto. Un conto è parlare di domeniche a piedi, un altro di domeniche di opportunità. Giornate in cui vengano offerte possibilità varie: dalle feste di via, ai musei gratuiti, agli eventi sportivi.
Il risultato è, comunque: niente automobili e vivibilità della città in lentezza e serenità; in questo modo la percezione del provvedimento è completamente diversa.
In quasi nessuna delle aree 30 km/h a Milano, attualmente, c’è un vero e proprio sistema che faccia percepire, anche visivamente, la differenza.
Una delle prime aree realizzate, quella in via Melzo, prevedeva attraversamenti pedonali rialzati, castellane, paletti a impedire la sosta. Tutte forme fisiche che aiutavano l’automobilista a comprendere nell’immediatezza di trovarsi in uno spazio specifico con regole proprie, come la velocità ridotta. Una situazione in cui il ridisegno dello spazio ha come conseguenza la limitazione della velocità. In questo momento le zone 30 sono in realtà semplicemente determinate dalla segnaletica orizzontale e verticale».
È necessario che le persone non percepiscano qualsiasi percorso di riduzione e moderazione del traffico come un divieto, senza vederne la reale articolazione che può portare enormi vantaggi nel quotidiano di ciascuno. Il limite di velocità riduce le emissioni di gas serra e, di conseguenza, l’inquinamento dell’aria e, al contempo, incoraggia l’utilizzo di mezzi di trasporto più ecologici, come la bicicletta, il monopattino, lo skate. L’ambizione di Milano deve essere quella di diventare una città moderna, in grado di bilanciare la mobilità con la sostenibilità ambientale.
Dove questo avviene, questo cambio di prospettiva e di uso dello spazio ha un impatto positivo sulla vita di quartiere. Le strade più sicure, utilizzate da tutte le tipologie di utenti, e l’ambiente più sostenibile incoraggiano le persone a esplorare la città usando metodi alternativi all’auto privata per spostarsi. Anche chi, a oggi, non si sposta con bici o monopattini per paura, verrà invogliato a farlo.
Milano, via Bergognone (foto Paolo Pizzetti)
Ci si aspetta, come conseguenza, la creazione di comunità più attive e coinvolgenti. Un po’ come è successo per le aree trasformate in Piazze Aperte, dove le zone pedonali sono diventate luoghi di incontro, di gioco, di socializzazione mentre promuovono il senso di appartenenza alla comunità.
Il bisogno che esprimono molte città è proprio quello di una revisione dell’utilizzo degli spazi, a partire dalle strade che devono diventare utilizzabili in sicurezza da tutte le categorie di utenti. Milano, con l’implementazione delle Zone 30 che, ricordiamo, non saranno in tutta la città ma solo in alcune aree definite, può esprimere un mix intelligente di sicurezza stradale, sostenibilità ambientale e promozione di comunità vivaci, risultando pioniera in questo campo. Con questa iniziativa, la città si sta muovendo verso un futuro più sostenibile, sicuro e accogliente per tutti.
Valeria Venturin