Il 15 aprile sono partiti i quattro referendum su licenziamenti, contratti a termine, sicurezza e appalti promossi dalla Cgil. Obiettivo: 500mila firme entro l’estate necessarie per andare al voto nella prossima primavera.
In occasione del 25 aprile, la festa della Liberazione dal nazifascimo e, soprattutto, in occasione del 1° maggio, festa del lavoro, sono tornati nelle piazze i gazebo della CGIL quali punto di raccolta per favorire la raccolta delle firme dei quattro referendum promossi. Quale migliore occasione per lanciare e approfondire i temi dei quesiti dei quattro referendum: “per smontare alcune leggi e cambiare le norme che hanno impoverito il lavoro e reso i lavoratori meno protetti e più vulnerabili, con meno diritti e con più possibilità di essere licenziati”. Un mondo del lavoro sempre più precario, con meno sicurezze e troppo sbilanciato a favore delle imprese.
La prima firma è stata quella di Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, il 25 aprile a Casa Cervi di Gattatico (Reggio Emilia). “I referendum indicano la possibilità per i cittadini di partecipare per cambiare la condizione di lavoro e di vita – ha detto Landini – , è una battaglia per la crescita e il futuro del nostro Paese e si rivolge ai giovani e alle donne, i più penalizzati da questa precarietà. Vogliamo aprire una discussione vera per cambiare il modello sociale ed economico che si è affermato in questi anni”.
“Il lavoro non è una merce. Buon Primo Maggio!” Lo ha augurato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a tutti gli italiani. Il diritto al lavoro è “anzitutto libertà dal bisogno; e strumento per esprimere sé stessi, per realizzarsi nella vita”. Puntualizzando che “I progressi straordinari della scienza e della tecnica (…) devono essere sempre indirizzati alla tutela della dignità e dell’integrità delle persone, dei loro diritti. Il lavoro deve essere libero da condizionamenti, squilibri, abusi che creano emarginazione e dunque rappresentano il contrario del suo ruolo e del suo significato”.
I quattro referendum
I quattro referendum sono di tipo abrogativo, come prevede la Costituzione all’articolo 75: chiedono di eliminare leggi o parti di esse. Sono uno strumento di esercizio della sovranità popolare: i cittadini esprimono direttamente le loro convinzioni al momento del voto, dichiarando semplicemente “sì” oppure “no” all’abrogazione di alcune leggi o parti di esse.
“I quesiti sono di non facile comprensione, perché i temi che riguardano il lavoro sono ostici per tutti, chiari e accessibili solo ai giuristi specializzati – spiega Lorenzo Fassina, responsabile dell’Ufficio giuridico e vertenze”. Ecco allora alcuni spunti e riferimenti per iniziare ad approfondire le tematiche inerenti i quattro referendum.
1. REFERENDUM “CANCELLARE IL JOBS ACT”. Mira a cancellare l’intero decreto legislativo 23 del 2015, il Jobs Act, il contratto a tutele crescenti che ha reso inapplicabile nel 90 per cento dei casi l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Difatti ha precarizzato il lavoro e tolto tutele ai lavoratori, soprattutto ai più giovani, quelli assunti dopo il 2015, che possono essere licenziati in qualsiasi momento e senza motivo mantenendolo sotto continuo ricatto.
2. REFERENDUM “CANCELLARE IL TETTO ALL’INDENNIZZO“. Obiettivo: abrogare le norma che mettono un tetto massimo all’indennizzo (da 6 mesi a 14 mesi). Alzare il tetto massimo può diventare un deterrente per le aziende ai licenziamenti illegittimi.
3. REFERENDUM “CANCELLARE L’ABUSO DEL CONTRATTO A TERMINE“. Per sopprimere l’articolo 19 del decreto legislativo 81/2015 che ha favorito la precarietà in quanto le aziende ne fanno ricorso in modo sempre più dilagante. Secondo l’Istat sono 3 milioni gli occupati a termine in Italia, impiegati in tutti i settori, nel privato e nel pubblico.
4. REFERENDUM “CANCELLARE LA DERESPONSABILIZZAZIONE DELLE AZIENDE” nel campo degli appalti, in particolare della sicurezza negli appalti. Il quesito vuole cancellare l’articolo 26 del decreto legislativo 81/2008, che esclude la responsabilità risarcitoria delle aziende committenti che danno in appalto o subappalto i lavori. Purtroppo l’esteriorizzazione dei lavori ha portato a una crescita degli infortuni sul lavoro. Abrogando tale norma, se l’appaltatore o il subappaltatore non è in grado di risarcire, il committente sarà chiamato a risponderne. Quindi sarà spinto a selezionare appaltatori adeguati.
Lo scorso anno ci sono state oltre mille morti sul lavoro (perché “bianche”? Quando sarà riconosciuto l’omicidio sul lavoro?) tra lavoratori e lavoratrici, tra esplosioni in fabbrica, crolli di cantieri, mancate manutenzioni, sfruttamento della manodopera in nero.
“Mille morti sul lavoro in un anno rappresentano una tragedia inimmaginabile. Ciascuna di esse è inaccettabile”. Sergio Mattarella.
Ecco come firmare online
Cliccare qui o sull’immagine accanto per entrare nella pagina del referendum CGIL e compilare i moduli.
“Il lavoro deve essere tutelato perché è un diritto costituzionale. Deve essere sicuro perché di lavoro si deve vivere e non morire. Deve essere dignitoso e perciò ben retribuito. Deve essere stabile perché la precarietà è una perdita di libertà”.