Scuole civiche in ginocchio: tagli per 14 milioni di euro


Gli studenti della scuola Civica Paolo Grassi di via Salasco durante una lezione di drammaturgia.

Le Scuole Civiche di Milano – la Paolo Grassi (Teatro), la Claudio Abbado (Musica), l’Altiero Spinelli (Interpreti e Traduttori) e la Luchino Visconti (Cinema), sono sotto la scure di un taglio del 65% delle risorse. Il Piano esecutivo del Comune approvato per il triennio 2024-2026 prevede una diminuzione delle risorse pari a 14 milioni 670mila euro, che metterebbe in ginocchio le 4 prestigiose istituzioni.

Questo mentre la Fondazione Scuole Civiche del Comune di Milano, costituita nel 2000, non funziona perché Palazzo Marino continua a essere l’unico contribuente.

Secondo il programma del Comune entro il 2030 le scuole dovranno avere un nuovo assetto pubblico/privato e trasferirsi, in una nuova sede, alla Goccia della Bovisa. Un progetto a firma di Renzo Piano, il cui costo ammonta a 60 milioni di euro (ma la gara è andata deserta perché servono 22 milioni in più rispetto alle previsioni e ai capitolati), e che dalle planimetrie sembra non disporre di spazi sufficienti, al mantenimento della qualità delle attività didattiche, con il rischio di veder decadere anche il riconoscimento di titolo universitario per alcuni corsi.

«Noi abbiamo avuto rassicurazioni, da parte dell’assessore alla Cultura, che troveranno i soldi per continuare a finanziare la scuola – ha dichiarato Caterina Misiti, presidente della Commissione Cultura del Municipio 5, dove ha sede la Paolo Grassi –. Resta sempre la questione della Fondazione, il programma non è stato raggiunto e ora siamo agli sgoccioli, certo non è facile trovare partner privati. Lì qualcosa si è bloccato e non è che per questo debbano farne le spese gli studenti».

Icasticamente, quale ex direttore Scuola del Cinema Luchino Visconti, Daniele Maggioni ha invitato gli studenti a darsi da fare: «Quello che posso dire oggi, così come lo dicevo ieri, quando ancora ero direttore: “Ognuno è l’artefice del proprio destino”. E non è che ho io il copyright di queste parole, è la realtà del mondo».

Un invito raccolto da studenti e professori delle scuole civiche milanesi che, sempre più preoccupati dalla situazione di incertezza, hanno iniziato a protestare contro i tagli del Comune, e poi – a parole – ritirati.


La protesta degli studenti sulla facciata dell’istituto

«A febbraio, con lo spettacolo “La città è malata a causa del tuo volere”, ci siamo affidati all’Antigone di Sofocle e alla profezia dell’indovino Tiresia, per portare in scena la protesta contro i tagli alle Scuole Civiche – racconta Michelangelo Canzi, studente della Grassi –. Ad aprile abbiamo messo in scena “Le Civiche…da tre soldi”, un’azione artistico-politica, frutto dell’autogestione, che ha coinvolto tutte le scuole dirette da Fondazione Milano. Da almeno 4 mesi a questa parte, siamo in mobilitazione sindacale e studentesca, per cercare di richiamare l’attenzione sul problema del finanziamento delle scuole civiche».

Nel frattempo, la comunità studentesca delle scuole civiche si è riunita, cosa che non era mai capitata nella storia dell’ente “Fondazione Milano”, ed è nata una comunità artistico-culturale di studenti, che ha fondato l’organo dell’Assemblea Generale degli studenti delle scuole civiche.

«Nel corso di questi mesi ci siamo incontrati e conosciuti, avendo come obiettivo comune il prendere coscienza del problema. Chiediamo al Comune di Milano degli spazi congrui per l’attività didattica delle nostre scuole. Noi temiamo per l’accessibilità alla formazione, a oggi, ancora garantita e aperta ai più. E questo, deve essere ben chiaro a tutti, come da sempre è stato nella tradizione di Milano e nella cultura milanese», conclude Michelangelo.

Giulia Pagone, rappresentante sindacale Cgil e Bibliotecaria della Paolo Grassi sottolinea l’importanza cha la ha scuola in cui lavora, di cui la città sembra dimenticarsi: «Gli studenti attualmente iscritti alla Grassi, ai 5 corsi curricolari, sono 135 e il bacino d’utenza è l’Italia intera; oltre a questi, ci sono poi centinaia di studenti dei corsi extracurricolari serali. L’intera città beneficia dell’eccellenza, del prestigio e del ritorno di immagine delle scuole civiche. Di questo non si parla. Andate sul sito della scuola, per vedere i nomi degli studenti usciti da qui, negli ultimi 70 anni. Tutto appeal per la città a costo zero».

A Giulia Pagone fa eco Mimma Gallina, ex insegnante sempre della Paolo Grassi. «Adesso la situazione è esplosa, spero che si risolva, però la crisi viene da molto lontano. L’apparato a livello organizzativo e burocratico, messo in piedi dalla costituzione della Fondazione, ha dei costi interni spropositati, rispetto a quello delle scuole, con degli stipendi interni discutibili, non tanto dei dipendenti, quanto della direzione generale. Quando è partita la trasformazione, l’idea era di mettere in comunicazione le scuole con il mondo professionale. Il problema è come poi si è gestito in seguito tutto questo, senza cercare altri soci, pubblici, privati o collettivi. Nessuno si è mai aggregato, ma tutto è rimasto tutto sulla carta».

«Come commissione Cultura, in particolare, abbiamo fatto una mozione che chiede di promuovere le scuole civiche e di non togliere i fondi, perché sono uno dei patrimoni storici, sociali e culturali di Milano – conclude Caterina Misiti del Municipio 5 –.

La scuola Grassi in particolare, ha avuto come fondatori Paolo Grassi e Giorgio Strehler; ha sede in via Salasco ed è stata restaurata dallo studio dell’architetto Antonio Zanuso, nel 1992, appositamente per accogliere quella che è una delle eccellenze nazionali, riconosciuta in tutto il mondo, dove ci sono code per entrarci. È un luogo che ha formato attori, registi, organizzatori teatrali e produttori di cultura. L’edificio ha tutte le strutture, compreso il teatro e la torre scenica, le residenze per gli studenti, così come la forma stessa degli spazi, tutto è stato restaurato, in funzione dell’insegnare teatro. Questo luogo ha un’unica missione e destinazione culturale, quasi un unicum in Italia: fare teatro».

Paolo Robaudi

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