L’arte dei grandi fotografi Ballo in mostra al Castello Sforzesco 

Fotografia e design al Castello con la mostra Ballo&Ballo fino al 3 novembre 2024

di Carlo Cerchioli

Ricostruzione della sala posa dello studio Ballo. In primo piano oggetti di design (@ Carlo Cerchioli)

La storia di fotografia e design al Castello con la mostra Ballo&Ballo, fotografia e design a Milano 1956-2005 fino al 3 novembre 2024. Dopo l’iniziativa di successo in tema arte e fotografia Art in the Garden al Superstudio di Milano, l’estate meneghina propone la nuova mostra curata da Silvia Paoli che racconta la storia di uno speciale studio fotografico storico milanese, di quando le fotografie si riprendevano solo in pellicola.

         Alla Sala Viscontea i protagonisti sono Aldo Ballo (1928-1994) e Marirosa Toscani Ballo (1931-2023) che aprono uno studio per diventare nel tempo i narratori del design italiano dagli anni Cinquanta fino ai Novanta del secolo scorso. Entrambi hanno studiato al Liceo artistico di Brera. Marirosa è figlia di Fedele Toscani, fotoreporter collaboratore della Publifoto e padre di Brunella e Oliviero, anche lui notissimo fotografo di moda e pubblicità. In un primo tempo Marirosa sarà lei stessa fotoreporter prendendo in mano, nel 1949, la gestione dell’agenzia Rotofoto, precedentemente aperta dal padre. Aldo è originario di Sciacca in Sicilia, è arrivato a Milano nel 1940. Nel 1951 interromperà gli studi di architettura per collaborare anche lui con la Rotofoto

         Nel 1952 Marirosa e Aldo iniziano a fotografare architetture e teatro, lavorano per aziende di mobili ed elettrodomestici. Si sposano nel 1953 e prende il via la collaborazione con Domus, quando larivista si avvia a diventare punto di riferimento nel dibattito su design e architettura. Presto inizieranno le collaborazioni con la Rinascente, l’Olivetti e la Pirelli, le tre realtà imprenditoriali più dinamiche nei primi anni Cinquanta, che scelsero la fotografia come elemento cardine della loro comunicazione commerciale. Dal 1968 al 1993, l’altra collaborazione con la neonata Casa Vogue contribuirà a fare dello studio il crocevia di architetti, designer, artisti e fotografi.

Poltrona “Joe”, Studio Ballo+Ballo, 1971
Poltrona “Joe”, Studio Ballo+Ballo, 1971

Non solo foto d’eccezione: anche processi di sviluppo sono ricreati in un percorso realistico di notevole efficacia

         I Ballo non s’impongono per caso, sono degli innovatori. Come ha detto Marirosa, «A noi piaceva fotografare in modo diverso». Abbandonano gli sfondi di velluto drappeggiato, comunemente usati ancora nel 1950, mettono gli oggetti di design su fondi neutri, quasi sospesi nel vuoto, senza linee d’orizzonte a disturbare la percezione dei dettagli, della forma e della materia. L’illuminazione è morbida, diffusa da pannelli e deve provenire sempre da sinistra. Perché i Ballo erano arrivati alla conclusione che «rendesse le cose più serene, dando un senso di ottimismo». 

         L’adozione di uno stile rigoroso, preciso, Aldo lo attribuirà a Max Huber: «Un vero e proprio maestro per la mia formazione». Huber, grafico svizzero, autore nel 1950 del nuovo logo de la Rinascente, lo stesso ancora oggi, faceva parte dell’Ufficio pubblicità e comunicazione del grande magazzino, che negli anni del dopoguerra italiano, grazie alle personalità che vi lavorarono, fu una vera fucina per la nuova civiltà delle immagini. 

Dalla serie “ritratti da mangiare”, Marirosa Toscani, 2005
Dalla serie “ritratti da mangiare”, Marirosa Toscani, 2005

Le opere in mostra

         Guardando le fotografie in mostra, salta agli occhi il rigore dello stile, così ripetitivo da apparire quasi noioso. Ma se si pensa che quelle immagini sono servite per mostrare un oggetto in un catalogo, in una rivista, in una pubblicità, e che servivano a raccontare al meglio un’opera di design in tutti i suoi particolari e forme, si capirà la grande utilità del lavoro dei Ballo. Aldo fece notare più volte: «Le mie non sono foto da chiodo, da appendere in galleria o sulle pareti di casa. La mia è una fotografia d’uso, serve per illustrare un oggetto e magari possibilmente anche a vendere». In questa stessa filosofia va letto l’uso del colore, più frequente nelle immagini dagli anni Settanta in avanti. Non è una scelta creativa del fotografo, ma riflette l’evoluzione del design sempre più caratterizzato dalla forza dei colori. 

         Le fotografie riproducono, nella maggioranza dei casi, il solo oggetto di design. Le eccezioni arrivano quando occorre far capire quali siano le sue reali dimensioni e bisogna allora mostrarlo accanto a un elemento di raffronto. Così, nell’immagine della poltrona Joe compare Tobia, il cane dei Ballo, e noi capiamo di guardare una poltrona e non uno strano guanto da baseball. Ugualmente limone e bicchiere connotano lo spremiagrumi di Philippe Starck.

         Trasferito dal 1971 in via Tristano Calco 2, lo studio raggiungerà nel tempo una superficie di 800 metri quadrati iperattrezzati. Laboratori di sviluppo e stampa per bianco/nero e colore, una sala posa che permetteva la ricostruzione di interi ambienti per i servizi di Casa Vogue, luci di ogni genere, pannelli luminosi. Il limbo, la pedana bianca senza spigoli, era sormontata da un carro ponte per le riprese dall’alto e fu scherzosamente definita dai Ballo “la nostra Rolls Royce”. E c’era una cucina dove, come amavano dire i frequentatori dello studio, “si masticavano le idee”. 

Spremiagrumi “Juicy Salif”, Studio Ballo+Ballo, 1991
Spremiagrumi “Juicy Salif”, Studio Ballo+Ballo, 1991

L’allestimento attraverso la storia di fotografia e design

         Determinanti nella mostra sono i 6 set posti sull’asse centrale della Sala Viscontea. Lo Studio Azzurro, curatore dell’allestimento, ha creato delle piccole messe in scena per raccontare il lavoro quotidiano dei Ballo e dei loro assistenti.        

         Usando alcune suppellettili dello studio e oggetti di design, sono stati allestiti: una camera oscura simbolizzata dall’ingranditore e da una lampadina rossa; un limbo in miniatura; una sala posa con la grande macchina fotografica a soffietto – il banco ottico – e una luce. Poi, il classico tavolo da falegname per lavorare agli allestimenti, e infine l’archivio con gli armadietti e le scatole gialle delle lastre in bell’ordine. Le varie operazioni che si svolgevano in ciascuna situazione sono state esemplificate da efficacissimi filmati.

Sul tavolo della camera oscura si vede proiettata la sistemazione della lastra negativa nell’ingranditore e il lento comparire dell’immagine sul foglio di carta sensibile immerso nella bacinella dello sviluppo. Il filmato panoramico sulla parete della sala di posa ridà le silhouette degli operatori al lavoro, dal posizionamento dell’oggetto da riprendere, alla sistemazione delle luci, fino allo scatto finale. Nell’archivio vediamo l’asciugatura delle stampe, la spuntinatura con china e pennellino delle piccole imperfezioni sulla stampa e infine le mani che mettono il timbro con il nome dello studio sul retro della foto. Il tutto è un efficacissimo racconto del dietro le quinte nella produzione dello studio Ballo, un tuffo nel passato.

         Nell’adiacente Sala dei Pilastri un omaggio alla creatività di Marirosa Toscani: una parete è dedicata ai “ritratti da mangiare” realizzati nel 2005 per i supermercati Pam. Di fronte, una videoinstallazione trasmette 60 testimonianze sui Ballo, raccolte fra chi nel corso degli anni ebbe modo di frequentare lo studio: famosissimi designer, grafici, architetti, fotografi, intervistati in occasione della mostra sullo studio che si tenne al Padiglione d’Arte Contemporanea nel 2009. 

         A chiudere, sei grandi ritratti di celebri designer a fianco di una loro opera, quasi a grandezza naturale. E sembrano guardarci.

Fotografia e design al Castello con la mostra Ballo&Ballo: https://shorturl.at/kKD5W

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