Intervista – Perini e Misiti illustrano a che punto è l’ambizioso progetto per valorizzare il borgo Chiaravalle e il suo sistema paesaggistico millenario quale sito protetto dall’Unesco.
Andrea Perini, progettista culturale per l’associazione: “Terzo Paesaggio”, che opera sul territorio del Borgo, e Caterina Misiti, consigliera di Municipio 5, sono due dei promotori che la città di Milano intende presentare, per ottenere il riconoscimento di Chiaravalle e della Valle dei Monaci come parte del Patrimonio Mondiale dell’Unesco. Sono loro, Perini e Misiti, che raccontano al nostro giornale l’ambizioso progetto di valorizzazione a livello internazionale del paesaggio storico, culturale e ambientale di Chiaravalle.
Un ecosistema alla cui origine c’è la scoperta dei monaci di un nuovo modo di gestire le acque del territorio, che ha fatto la fortuna della Lombardia e che oggi si propone come modello di nuova città, attenta all’ambiente, alle relazioni, alla cura.
Intervista ad Andrea Perini, Terzo paesaggio, progettista culturale
Perché Chiaravalle dovrebbe ispirare il nuovo modello di città contemporanea?
«In un concorso di candidatura a patrimonio Unesco, ciò che è importante è focalizzare l’heritage, che deve essere di ispirazione per il futuro. Chiaravalle è importante perché porta in nuce il messaggio di un futuro migliore e possibile. Un tema strategico anche per il domani della città».
In cosa consiste l’heritage del borgo?
«Chiaravalle rappresenta il principio che porta l’Europa dal Medioevo al Rinascimento e all’Umanesimo. Tutto questo partendo dalla regolamentazione delle acque e la bonifica delle paludi, che i monaci Cistercensi dell’Abbazia, conoscendo la tecnologia, hanno reso possibile, fertilizzando il territorio.
Un’opera preziosa e rivoluzionaria che, attraverso le grange, il lavoro organizzato delle terre e le marcite che permettevano fino a 8 o 9 tagli d’erba l’anno, producevano tutto quello che ne consegue per l’economia locale: dalla produzione del latte, all’allevamento degli animali e alla produzione massiva di utensili, grazie alle forge. Un modello che ha creato sviluppo e trasformazione. Questo è il valore “inscritto” a Chiaravalle».
In che modo tutto questo ha valore anche per il presente?
«Oggi viviamo in una realtà artificiosa e sfiancata dal neoliberismo. Chiaravalle con il suo spazio “racchiuso”, rappresenta al meglio un modello di città condivisa, legata ai bisogni dell’uomo e al valore della comunità. Vengono riconsiderati dei temi cardine, per esempio: si abita, si mangia, si va a scuola, si sta insieme, ci si cura. Questa è la proposta sul campo che Chiaravalle può offrire, in termini di soluzioni, anche in ambito sperimentale. Esempi: creare un campo di grano con cui produrre il pane di città, proponendo una soluzione importante sulla produzione di cibo a chilometro zero, che sia anche un modo contemporaneo di fare educazione e imprenditorialità cittadina. La stessa cosa vale per l’attività di Soulfood Forestfarms, con l’agroforestazione urbana, sperimentando un modo di produrre cibo totalmente biologico a impatto zero, riattivando il ciclo naturale dei terreni, come accade nell’ambito di Vaiano Valle, nel Parco della Vettabbia. Esiste poi un modello di cura nel senso più ampio possibile. Ovviamente abbiamo una comunità di monaci, attenti all’aspetto spirituale, ma possiamo ampliare questo tema della cura su tutto quello che può essere legato a un welfare spirituale, legato allo spazio e all’ambiente. Siamo nel Parco Sud e abbiamo appunto un ambiente naturale che si sta progressivamente riprendendo il suo spazio. Voler rinunciare a questa eredità, a causa di uno stadio di calcio, cancellando un patrimonio storico, culturale e ambientale unico, sarebbe l’ennesima risposta sbagliata da parte di un potere trasversale, che sembra oggi aver perduto la bussola riguardo a quello che sarà il prossimo futuro».
Caterina Misiti, presidente della Commissione Cultura del Municipio 5
Come è nata l’idea di proporre Chiaravalle come patrimonio Unesco?
«È nata dalle associazioni del territorio e mi è sembrato fin da subito un tema interessante, perché questi luoghi rappresentano un paesaggio storico, agricolo, culturale che ha più di mille anni di storia. Parliamo di un territorio che parte da Nocetum e comprende il Parco della Vettabbia e l’Abbazia di Chiaravalle, un’area che secondo noi è coerente con i criteri con cui l’Unesco definisce un paesaggio storico e culturale da inserire nel Patrimonio universale dell’umanità.
Abbiamo quindi prodotto un documento, che è una piccola presentazione del progetto, e adesso abbiamo raccolto e preparato una bibliografia molto importante».
A che punto è la proposta?
«L’abbiamo presentata al sindaco Sala e gli abbiamo consegnato la prima documentazione, chiedendogli se fosse interessato a questa progettualità. Il sindaco ha affidato al suo staff il compito di costruire un percorso assieme al Municipio 5, che l’ha proposto, e alle associazioni che hanno studiato e progettato il documento sul territorio».
Cosa prevede l’iter per la candidatura?
«Per adesso ci siamo dati delle tappe per capire quali siano le forze interne al Comune, per poter praticare il percorso, che è molto lungo, complesso e richiede che vengano coinvolti la Regione Lombardia, i ministeri e poi partner privati, istituzionali e non, che hanno o possono avere interesse su questo territorio. Abbiamo fatto un lavoro di promozione del progetto Chiaravalle Unesco, chiedendo aiuto a varie personalità come parlamentari, sia europei che nazionali, e consiglieri regionali, suscitando molto interesse. Per essere parte del patrimonio Unesco bisogna dimostrare non solo l’eccellenza dei luoghi, ma anche di avere tutta una serie di requisiti, tra i quali una struttura storico-paesaggistica importante, perché il sito venga tutelato. Così nel corso di un paio di anni, se la richiesta verrà accettata, ci sarà bisogno di investimenti da parte del pubblico e del privato per la riqualificazione di tutta l’area: partendo dai servizi di pertinenza a tutto il territorio circostante, di fatto creando un sistema di eccellenza per l’accoglienza e la sostenibilità turistica dei luoghi. Tutto questo potrebbe diventare un modo per costruire un rapporto con il territorio a cui guardare in un futuro. Temi come la sostenibilità, il rapporto con il verde e la vivibilità possono trovare in Chiaravalle un modello valido per tutta l’area metropolitana».