28 agosto 2024, commemorazione dell’eccidio dei martiri di viale Tibaldi. La testimonianza di chi assistette alla strage fascista del 1944

28 agosto 2024, commemorazione dell'eccidio fascista del Martiri di viale Tibaldi.
28 agosto 2024, commemorazione dell'eccidio fascista del Martiri di viale Tibaldi.
28 agosto 2024, commemorazione dell’eccidio fascista del Martiri di viale Tibaldi.

Sono passati 80 anni dal terribile eccidio avvenuto il 28 agosto 1944 in viale Tibaldi, nel quale vennero brutalmente trucidati i quattro partigiani Albino Abico di 25 anni (Medaglia d’Argento al valor Militare), Giovanni Alippi di 24, Bruno Clapiz di 41, Maurizio Del Sale di 47. Le sezioni Anpi Martiri di via Tibaldi, Anpi Vigentina, Anpi Stadera Gratosoglio, come ogni anno, hanno organizzato la commemorazione della strage, con la posa della corona d’alloro sotto alla targa di viale Tibaldi 26.

Quel giorno, un plotone della legione fascista Ettore Muti fucilò, dopo aver terribilmente seviziato, i quattro partigiani appartenenti al Gap Mendel dell’85ª Brigata Garibaldi. Durante le celebrazioni brevi interventi, scanditi dalla chitarra di Mario Toffoli, hanno richiamato al valore della memoria, al male dell’indifferenza e all’importanza del passaggio di testimone alle giovani generazioni. Un commosso ‘Bella Ciao’ ha concluso l’evento. Presenti anche Ardemia Oriani di Anpi Milano Provinciale e il presidente del Municipio 5 Natale Carapellese. 

Chi erano i martiri di viale Tibaldi

Abico, Alippi e Del Sale facevano parte di un gruppo formato nella primavera del 1944 a Baggio. Successivamente i tre presero contatto con i Gap di Ruggero Brambilla (Nello) e trasportarono un carico d’armi in Val d’Ossola, dove rimasero qualche giorno presso l’85ª brigata d’assalto Garibaldi. Quando ridiscesero, con loro c’era anche Bruno Clapiz. A Milano i tre partigiani formavano il Gap distaccato della 85ª brigata, con il compito di approvvigionare del necessario la brigata di montagna.

28 agosto 2024 - La targa e corona che ricordano la strage fascista di viale Tibaldi
La targa e corona che ricordano la strage fascista di viale Tibaldi, avvenuta 80 anni fa.

La testimonianza

Anpi Provinciale di Milano, conserva la testimonianza di un negoziante di via Tibaldi che assistette a quel tragico episodio:
“Il rione popolare di Porta Ticinese aveva fama di essere un covo di “ribelli” e i fascisti non osavano tentare pattugliamenti isolati e rastrellamenti, se non in forze e con i fucili spianati. Così molti partigiani, anche quelli di altre zone e della periferia, sicuri della solidarietà di tutti gli abitanti che a essi davano appoggi e trovavano nascondigli, venivano a finire a “Porta Cicca”. Un gruppo di patrioti – che dopo la liberazione seppi appartenevano alla 113ª e 114ª Garibaldi – usavano nascondere le loro armi in una osteria che allora si trovava in via Tibaldi 26, per riprenderle quando dovevano compiere qualche azione. Il 10 agosto 1944 era avvenuto l’eccidio di piazzale Loreto che provocò sdegno in tutti, ma suscitò anche una certa impressione. Ed ecco che una quindicina di giorni dopo, nelle vie centrali di Milano, una macchina ebbe l’ardire di percorrerle lanciando manifestini invitanti alla Resistenza. Nella mattina del 28 agosto 1944 avevo notato che circolavano certe brutte facce e mi ero ripromesso, appena mangiato, di recarmi all’osteria per passare la voce di stare in guardia. Quando però vi giunsi appresi che alle 13 un forte nerbo di fascisti si era presentato e, sorpresi quattro giovani, li avevano arrestati. Un quinto, al momento dell’arresto, si trovava nel cortile del caseggiato e miracolosamente così fu salvo. Gli arrestati erano proprio i quattro che avevano percorso le vie della città lanciando manifestini. Persino si accennò a delazione di una spia. Fatto sta che verso le 18,30 di quel giorno, automezzi carichi di quelli della milizia invasero via Tibaldi e vie adiacenti: mitra imbracciati e rivoltelle in pugno fecero chiudere tutti i negozi. I passanti furono costretti ad entrare nei portoni subito sprangati; minacce a coloro che erano alle finestre e ordine di chiuderle. Dapprima un po’ di confusione, poi tutto cadde nel silenzio, un silenzio di morte; il grande viale era deserto e i fascisti che scrutavano da ogni parte accennando a sparare. Anch’io avevo dovuto abbassare la saracinesca del negozio, ma da una fessura potei assistere a quanto stava avvenendo e ritengo di essere stato uno dei pochissimi che poterono osservare l’orrendo eccidio. Pochi minuti dopo la milizia era divenuta padrona della strada deserta, vidi giungere un camion, dal quale fecero scendere i quattro arrestati.

I volti dei martiri di vale Tibaldi, uccisi dai fascisti il 28 agosto 1944.
I volti dei martiri di vale Tibaldi, uccisi dai fascisti il 28 agosto 1944.

La sventagliata di mitra

Dovettero sorreggerli, tanto erano stati seviziati, che non riuscivano a fare un passo. Furono allineati al muro. Non vi fu alcuna lettera di sentenza, una decina di brigatisti neri che avevano in testa un berretto rotondo comandati da uno che aveva dei gradi, imbracciarono i mitra a non più di tre metri di distanza. All’ultimo momento, quando il comandante ebbe ordinato il fuoco, uno degli arrestati trovò la forza di voltare il viso contro il muro e farsi il segno della croce. Bastò una sola scarica, data la breve distanza e caddero. L’ufficiale si avvicinò ai corpi straziati sferrando dei calci, notò che qualcuno respirava ancora. Si fece dare da uno dei carnefici un mitra e nuovamente sparò sui morti. Dopo risalirono sul camion e partirono. Dai cortili, le scariche avevano impaurito gli inquilini, si udivano pianti e grida. Gli altri fascisti che avevano presidiato la strada permisero che fossero riaperti negozi e portoni, si raggrupparono, armi alla mano, nei pressi del mucchio dei cadaveri, impedendo di avvicinarsi. I martiri furono lasciati sul marciapiede arrossato di sangue che a piccoli rivoli scendeva fin sulla strada. Rimasero al sole di agosto con le mosche che ronzavano, fra lo sbigottimento, l’orrore, l’odio che aumentava sempre più, sino a sera inoltrata”.

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