Municipio 6 – La cooperazione si attiva per evitare il decadimento dell’insegnamento in periferia. SCooP: uno strumento a vantaggio delle scuole di prossimità.
Da anni ormai, all’inizio di ogni anno scolastico, a Milano come in altre città, le scuole delle periferie assistono alla migrazione dei figli delle famiglie che se lo possono permettere nelle scuole del centro o in quelle private. Questo fenomeno, che gli addetti del settore chiamano Segregazione scolastica, ha come conseguenza il concentrarsi di situazioni problematiche nelle scuole più periferiche e la formazione di un divario nell‘offerta formativa, che rischia di fare della scuola uno strumento per aumentare le differenze anzichè per rimuoverle.
Nel Municipio 6, per combattere questa tendenza, è stato creato il progetto SCooP – Scuola Cooperativa di Prossimità -. La responsabile Marta Berti, ci spiega di cosa si tratta.
«Il progetto SCooP, finanziato dall’impresa sociale Con i Bambini, a cui partecipano gli otto Istituti Comprensivi del Municipio, gli enti del terzo settore e il Comune di Milano, si basa su un’idea di cooperazione secondo cui il problema degli uni diventa anche problema degli altri. La segregazione scolastica non può essere affrontata dalle singole famiglie, né dalle singole scuole, che non possono da sole spostare i flussi di iscrizioni. Non è giusto che una famiglia si trovi a fare delle scelte per i propri figli tra scuole di serie A e di serie B: qualunque scuola dovrebbe garantire ai figli un buon livello di istruzione, comprese le scuole vicino a casa. Come del resto è successo fino agli anni Ottanta e Novanta, prima cioè dell’introduzione dell’Autonomia scolastica, che ha messo le scuole in competizione tra loro».
Come vi siete organizzati?
«Il progetto SCooP opera attraverso i Gruppi di Azione Cooperativa (Gac) su temi come l’orientamento scolastico o l’intercultura. Questi gruppi sono composti da personale delle scuole, del Comune di Milano, del terzo settore e a volte anche da famiglie, e hanno lo scopo di promuovere opportunità di crescita più eque per i ragazzi di ogni istituto.
Faccio un esempio: ci sono fondi per organizzare sportelli di orientamento con psicologi e incontri per presentare alle famiglie le scuole superiori. Coordinarsi permette di accorpare o evitare sovrapposizioni, allo scopo di fare più presentazioni per le famiglie anche con la presenza di mediatori linguistici. Il Gac intercultura invece sta lavorando sui protocolli di accoglienza di studenti stranieri neo arrivati. Attraverso il confronto, i docenti referenti degli otto istituti comprensivi, stanno aggiornando, migliorando e mettendo in pratica i protocolli.
Per comprendere anche il punto di vista degli studenti sulla Segregazione scolastica, abbiamo avviato con Save the Children e la Cooperativa Codici, un gruppo di ricerca, composto da ragazzi delle scuole e dai loro docenti».
Quali azioni di supporto alle scuole e alle famiglie sono previste?
«Per i ragazzi e le loro le famiglie vengono finanziati due gruppi di potenziamento scolastico ogni anno, uno in Barona e uno al Giambellino, quattro ore alla settimana per 32 settimane. Sembrano cifre importanti, ma bisogna tenere conto che vanno distribuiti per un gran numero di scuole. Il progetto prevede inoltre il potenziamento degli interventi per studenti con bisogni speciali e per le loro famiglie, attraverso l’affiancamento ai docenti di uno psicologo e un logopedista per la realizzazione di percorsi individualizzati o di gruppo, a cui si aggiunge la formazione e la consulenza individualizzata psicologica e logopedica per docenti e famiglie. Diamo grande attenzione anche alla mediazione linguistica, che è trasversale a tutte le azioni di progetto, non solo nei colloqui tra insegnanti e famiglie, ma anche nei tavoli di progettazione, per aiutare le famiglie che arrivano dall’altra parte del mondo».
Oltre a occuparsi della collaborazione tra scuole, SCooP prova a intervenire anche sulle situazioni extrascolastiche.
«Con SCooP l’insegnante che ha bisogno di uno psicologo, un educatore o con un tutor può farlo più facilmente, così come con i servizi sociali. Per esempio, se un insegnante scopre che la famiglia di uno studente vive per strada cosa può fare? Può velocemente contattare un tutor del progetto e organizzare un intervento adeguato. L’idea è quella di avere un aiuto nel rapporto con le famiglie con problematiche importanti che la scuola intercetta ma non ha le competenze per affrontare».
di Xavier Vigorelli
Leggi l’intervista completa alla Dottoressa Marta Berti, sponsabile del progetto SCooP, qui sotto.