Sorprendente e piacevolissima, la lettura dell’autobiografia di Flavio Lucchini, 96 anni compiuti il 4 ottobre, propone innumerevoli aneddoti e ritratti inediti di personaggi celebri del mondo della moda e dell’editoria. L’art director creatore di Amica e Vogue Italia, da più di 30 anni consegnatosi definitivamente alla produzione artistica, offre una narrazione senza veli dell’ambiente che ha segnato il suo… Destino
“Progettavamo le nostre vite come se l’entusiasmo per le cose che facevamo e la nostra vitalità potessero durare per sempre. Forse è questo il segreto che tutti dovrebbero scoprire per vivere felici il più a lungo possibile”. Detto da un venerando artista che il 4 ottobre ha compiuto 96 anni è un suggerimento da tenere presente. È la prima citazione che vale la pena di fare dalla sua autobiografia, autoprodotta con il marchio MyOwnGallery, nonostante vari editori si sarebbero contesi i diritti di pubblicazione… se solo lui avesse ceduti. Ma Flavio Lucchini non voleva discutere i dettagli con un editor. Pittore e scultore da una trentina d’anni, dopo una “prima vita” trascorsa inventando pezzi di storia dell’editoria che guardavano alla moda e al costume, voleva scrivere a ruota libera, in piena autonomia. Lucchini è uno degli uomini ai quali si deve la decisa trasformazione di una parte del sud Milano. La zona attorno ai Navigli non era – come oggi – un ombelico del mondo fashion e un polo culturale di importanza internazionale, prima che lui e il fotografo Fabrizio Ferri, nel 1983, fondassero il Superstudio di via Forcella al numero 13. Un indirizzo divenuto in breve un punto di riferimento di caratura mondiale, per merito di entrambi: creatore di Amica, di Vogue Italia, Uomo Vogue e poi Donna, Moda, il primo; celebre fotografo di top model e grandi artiste il secondo (da Monica Bellucci all’etoile Alessandra Ferri).
Quelle fotomodelle aliene che meravigliavano la gente
“Non ci sono più i vecchi abitanti della zona che stupiti guardavano le modelle passare come visioni extraterrestri – scrive nel libro -. Quelli rimasti si sono abituati. Oggi è tutto in mano a gente nuova e cosmopolita. Ristoranti, bar e negozi sono gestiti da giovani intraprendenti. Nelle stradine attorno sono arrivati showroom di moda, società di e-commerce, agenzie di modelle, produzioni di eventi, laboratori creativi, alberghi di design, studi di architettura, co-working, importanti società di comunicazione e gallerie e musei, come la nostra MyOwnGallery, Base, il silos di Armani e il Mudec. La moda ha fatto diventare di moda il quartiere”.
Non si può descrivere meglio la trasformazione di quelle strade, un tempo brulicanti di operai che andavano e venivano al suono delle sirene delle fabbriche. E proprio nei sotterranei di una di queste, l’artista ha trovato posto per le sue numerose opere, sotto la sede dell’attuale Superstudio Più, in via Tortona 27. Del museo permanente e dello spazio underground, che durante la Seconda guerra mondiale fu rifugio antiaereo, il SUD Milano ha parlato nell’ottobre del 2023.
Un’infinità di aneddoti raccontati da un patriarca
Segnaliamo qui invece l’autobiografia di agilissima e piacevole lettura, costruita attraverso brevi capitoli che disvelano innumerevoli aneddoti sui protagonisti dell’ambiente umano e professionale dove Lucchini ha vissuto e proliferato. Un vero e proprio patriarca, a questo punto, che, per fare solo due esempi, ha visto “nascere” Giorgio Armani (“Seduta stante, con il Bodoni originale di Vogue, gli composi il logo che ancora oggi usa”) e la potentissima Franca Sozzani (Mantova 1950 – Milano 2016) che al timone di Vogue arrivò dopo di lui (Lucchini l’aveva trovata e assunta a Vogue cercando ragazze laureate con un’inserzione sul Corriere della Sera). Ma i grandi nomi, in primis stilisti e fotografi, visti da vicino, ci sono tutti: Trussardi, Dolce e Gabbana, Fiorucci, Versace, Krizia, Kenzo Issey MiYake, il Conte Nuvoletti, Oliviero Toscani, Giovanni Gastel, Irving Pen…
Imperdibile per chi si occupa di moda, la lettura dei vari episodi consente anche ai profani di sbirciare nel dietro le quinte delle sfilate (dove…il diavolo veste Prada) e di capire quanto la moda stessa sia in definitiva lo specchio del cambiamento e dei movimenti sociali, dell’affermarsi delle generazioni, si pensi al ’68: “La moda reale cambiava non più e non solo perché un noto sarto una mattina si svegliava e decideva, come Dior, di proporre la longuette, o un altro la minigonna, come molti credevano. Cambiava perché i giovani desideravano e chiedevano che cambiasse (…) Per me tutto ciò che cambia è moda. Anche il gotico e il Rinascimento sono state delle mode”. Un giorno Lucchini, che era stato iscritto al Pci fino all’invasione sovietica dell’Ungheria, decide di mettere Mao Tse Tung sulla copertina di Uomo Vogue “perché in quel periodo tutti parlavano del suo libretto rosso e molti dei contestatori dell’epoca apprezzavano la povertà e la semplicità scelta per l’abbigliamento del popolo cinese. Che in occidente si identificava nella famosa giacca alla Mao, dritta e con colletto chiuso sotto il mento.” Un fenomeno che andava capito e metabolizzato.
Un “cibo” per vivere meglio e la ragazza sognata da sempre
Chiudiamo con due ultime citazioni, una sull’arte: “Dopo tanti anni posso dire che l’arte, impegnata o leggera, contemporanea o classica che sia, è necessaria per la vita, è un alimento indispensabile, come la musica e il cibo. C’è posto per tutte le forme d’arte. Dalla street art agli ex voto, dall’arte sofisticata e spesso incomprensibile delle gallerie impegnate all’arte religiosa e alla grande arte antica dei musei, dall’arte che fa politica a quella che fa sognare, dalle performance irripetibili ai multipli. Ricchi e poveri apprezzano e acquistano opere originali o riproduzioni”.
L’altra sull’amore, per la sua compagna e collega di una vita, Gisella Borioli: “Con Gisella, che aveva vent’anni quando è venuta a Vogue si è stabilito subito un buon rapporto, non solo di lavoro. Mi stavo innamorando come un ragazzo e non lo sapevo. Avevo paura dei legami e non li volevo. E non volevo approfittare della mia posizione in Vogue per una semplice avventura. Era una ragazza semplice e ingenua con una gran voglia di fare. Guardando la sua foto di allora fatta per la tessera di giornalista appesa nel mio studio, ancora oggi mi dico come potevo non innamorarmi. Era il viso che avevo cercato da ragazzino fra le ragazze della parrocchia, senza trovarlo. Il destino l’aveva messo da parte per me”.
E “Il Destino”, non a caso, è il titolo che ha scelto per la copertina del suo libro; sottotitolo “dovevo fare il contadino, ma ho incontrato la moda (e non sono uno stilista)”.