Il promotore del Giardino al Monte Stella e fondatore di Gariwo la Foresta dei Giusti, oggi riconosciuta dalle Nazioni Unite, spiega l’importanza di aprirsi agli altri contro ingiustizie e violenza. Per il bene di tutti. Anche il nostro.
«Dobbiamo tornare a sognare, perché se non si sogna non si può cambiare il mondo». Inizia dalla fine l’intervista a Gabriele Nissim, giornalista, saggista e storico, fondatore nel 1999 di Gariwo la Foresta dei Giusti, dall’appello alla responsabilità di ognuno di noi per la pace, il dialogo, la democrazia; contro l’odio, la violenza, le ingiustizie. Un’esortazione morale, laica e apolitica, alla cui base non ci sono insegnamenti ma la ricerca dei Giusti per fare tesoro dei loro esempi con la realizzazione di Giardini dei Giusti in tutto il mondo. ll modello è il Giardino di Gerusalemme, dove sono ricordate le persone che salvarono gli ebrei dall’Olocausto, ma arricchito di valore universale: dedicato a tutti coloro che hanno operato e operano per il bene e salvano vite al di là dell’appartenenza etnica o religiosa.
Il primo Giardino dei Giusti di Gariwo è sorto nel 2003 sul Monte Stella, a Milano, e ricorda 84 persone che hanno scelto di aiutare gli altri. Oggi i Giardini sono 300 e raccontano le storie di oltre mille Giusti. Un’opera ventennale che il mese scorso a Pescara ha avuto il riconoscimento ufficiale delle Nazioni Unite, con il quale Gariwo ha firmato un memorandum di intesa per avviare progetti educativi per prevenire i genocidi proprio attraverso la promozione dei Giusti e dei Giardini.
Presidente Nissim, chi sono i Giusti e come possono “rammendare” questo mondo che appare così strappato?
«I Giusti sono coloro che non sono indifferenti al male. Non sono santi né eroi, ma operano una scelta dove vedono in discussione i diritti e la dignità dell’uomo e decidono di intervenire. Escono dal proprio ego e assumono l’altro come sé stesso. È il buon samaritano della parabola biblica, che incontra una persona ferita e, benché di religione diversa, se ne prende cura. Così i Giusti rammendano il mondo, pezzetto dopo pezzetto, con l’azione e l’esempio. Per questo invitiamo i cittadini e le scuole a visitare i Giardini: per stimolare tutti a riflettere sul bene».
Il principio etico alla base dei Giusti, pur fondamento delle principali religioni e di importanti filosofie, e a parte personaggi straordinari, non si è mai affermato. Viene da pensare che il male sia ineliminabile.
«Dobbiamo immaginare l’umanità come una sorta di campo di battaglia, soprattutto nei periodi di crisi, dove vivono tre categorie di uomini. I carnefici, che pensano sia giusto uccidere altri uomini per perseguire i propri scopi. Gli indifferenti, che capiscono che qualcosa non va, però non se ne vogliono occupare. E infine i Giusti, che si assumono la responsabilità di fermare il male».
Fermare il male sembra però un’opera titanica.
«Ogni uomo ha la possibilità di prendere in mano il proprio destino e con esso quello dell’umanità. Il male, le guerre, le violenze non sono ineluttabili. Il bene non è una specie di sacrificio e i Giusti non sono esseri superiori. Nei nostri Giardini si conoscono le storie di persone straordinariamente normali, artefici di bene per stare meglio con sé stessi e perché sanno che tutti noi abbiamo bisogno degli altri».
Secondo Global Peace Index, nel mondo si contano oggi 56 conflitti con un rischio di un conflitto globale ben più consistente rispetto agli anni scorsi. Come fa un rammendatore a portare la sua azione ai livelli politici più alti, addirittura planetari?
«Dobbiamo evitare che lo spirito guerresco entri dentro di noi e praticare il dialogo di pace. Primo Levi diceva che non esiste un mondo separato, il mondo è uno, quindi se accadono conflitti anche in terre lontane, questi attraversano tutti. Guardiamo al modo in cui i conflitti vengono seguiti dai media. Troppo spesso c’è un quasi perverso piacere nell’evidenziare le contrapposizioni frontali, dimenticando i momenti di dialogo. Nel raccontare il conflitto israelo-palestinese nessuno racconta il recente Piano di pace di Ehud Olmert, ex primo ministro di Israele e sindaco di Gerusalemme, e Nasser al-Qudwa, dirigente palestinese dell’Olp. Insieme lo stanno portando in tutti i paesi per illustrarlo: prevede la soluzione di due stati che si riconoscono, una Gerusalemme divisa tra palestinesi e israeliani e lo smantellamento delle colonie israeliane. Sembrano dei sognatori, però sono il futuro. Anche nel linguaggio politico sempre più si disprezzano non solo gli avversari, ma anche chi la pensa diversamente. Se vogliamo essere fautori di pace e giustizia dobbiamo accogliere tutti nella quotidianità per migliorare noi stessi, la società e il mondo».
Ci vuole fare degli esempi?
«La questione dell’immigrazione. Abbiamo appena inaugurato il Giardino dei Giusti a Lampedusa. L’artefice principale è stato Vito Fiorino, che da solo, con la sua barca, nel 2013 ha salvato 47 naufraghi. Ha ancora oggi contatti con i migranti soccorsi che lo chiamano papà e ogni anno, nell’anniversario della tragedia, tornano a Lampedusa per commemorarla insieme a lui. Oggi Fiorino va nelle scuole d’Italia per parlare dell’importanza di accogliere tutti senza voltare la testa da chi rischia la vita. Noi stessi come Gariwo abbiamo creato nel 2015 un Giardino dei Giusti in Israele a Neve Shalom Wahat al-Salam, in ebraico e arabo “oasi di pace”, dove sono ricordati i palestinesi che hanno aiutato gli israeliani e viceversa. Un altro esempio di come può essere il mondo»
La politica sembra andare in direzione opposta.
«Il mondo è molto cambiato negli ultimi decenni. L’élite morale-politica di una volta è quasi sparita. Possiamo certo fare riferimento a figure come quella di papa Francesco, ma sul piano politico non ci sono più leader come Willy Brandt, Alcide De Gasperi o Konrad Adenauer, in grado di farsi carico dei problemi del mondo, e alle Nazioni Unite non c’è più Kofi Annan. Come si risolve il problema? Io credo, ancora una volta, valorizzando piccole esperienze, in controtendenza».
Cosa pensa dei mandati di arresto della Corte Penale Internazionale nei confronti di membri dei governi russi, israeliani e di Hamas?
«Negli anni la Corte ha agito sui conflitti dell’ex Yugoslavia, Ruanda e Cambogia, ed è un fatto positivo. Se certi giudizi su crimini contro l’umanità o i genocidi possono essere giusti o criticabili, l’importante è che se ne comprendano a fondo la natura e le differenze. Ma più che l’eventuale arresto dei leader, ciò che conta per me è l’idea etico-morale che i leader colpevoli di atti contro l’umanità possano essere giudicati dal mondo. In generale penso sia giusto che delle autorità superiori giudichino gli operati dei governi, un percorso lungo ma necessario».
Un percorso che può sembrare un sogno.
«Ripeto: dobbiamo tornare a sognare perché, se non si sogna, niente si cambia. I più anziani sanno che si possono cambiare le cose anche se pare impossibile. Guardiamo alla lotta antifascista, alla creazione dell’Europa unita o al crollo del muro di Berlino. Tutto ciò sembrava impossibile ma è avvenuto perché ci sono stati dei sognatori. Gli autori del Manifesto di Ventotene guidati da Altiero Spinelli sognavano l’Europa unita quando era in mano ai nazionalisti. Albert Einstein e Sigmund Freud sognavano la pace e la fine delle guerre nucleari nei momenti più bui dell’umanità. Václav Havel, Milan Kundera, Andrej Sacharov hanno agito contro il totalitarismo in tempi durissimi. I sognatori sono coloro che rendono possibile l’impossibile e i Giusti sono i grandi sognatori di cui il mondo ha bisogno».