Intervista a Marina Previtali «I palazzi per me sono il volto della città e il simbolo della condizione vissuta dagli abitanti»

Marina Previtali, Torre-Velasca, MI, olio su tela, cm. 141x168, 2023

Dal Ponte sul Naviglio della Richard Ginori ai grandi silos, dalla Torre Velasca agli scenari industriali delle periferie: le opere di Marina Previtali sono un concentrato di milanesità (Galleria Previtali). Milano è la sua musa ispiratrice. Nelle sue tele, che ritraggono con una pennellata molto materica, densa, i paesaggi urbani della grande metropoli, si percepisce il fermento della città in perenne movimento e trasformazione. Si sente la velocità del suo divenire nella matericità grassa dei colori che disegnano forme accurate e, allo stesso tempo, sopraffatte e di nuovo ricostruite dal colore, soggette al cambiamento repentino della luce nell’incrocio di riflessi delle vetrate, sullo sfondo lattescente, grigio o giallo acido del cielo cittadino.

Marina Prevital, Ponte sul Naviglio Ticinese, MI, olio su tela-2017, cm. 210x141
Marina Previtali, Ponte sul Naviglio Ticinese, MI, olio su tela-2017, cm. 210×141.

Con pennellate marcate, Marina Previtali sperimenta tutta la gamma dei grigi, interrompendo di quando in quando lo scenario anonimo della realtà urbana con lampi di colore: la luce che filtra da una finestra, l’illuminazione elettrica che si riflette sui tetti della stazione Centrale, il giallo ocra del terriccio di un cantiere. Al tempo stesso sono immagini urbane pronte a smaterializzarsi come se la città potesse scomparire all’improvviso. A tratti Milano appare come una città fantasma o una specie di immenso luna-park abbandonato, dove non si rintraccia presenza umana, dove i colori insinuano languori e inquietudini esistenziali. Paesaggi urbani dialoganti con il paesaggio interiore dei ricordi. «Percorro strade, quartieri, periferie di Milano ritraendo, con la macchina fotografica da più tagli prospettici, dettagli di architetture e di spazi urbani. Parto dalla foto come documento visivo che poi voglio completamente trasfigurare, sono solo una traccia», dice l’artista nata a Milano da padre bergamasco, diplomata al Liceo Artistico e poi il diploma di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera. Marina un tempo non amava Milano, e per dipingere andava sul lago d’Iseo: da buona milanese, sazia di grigio, cercava disperatamente prati e laghi, scorci di sereno. L’innamoramento per la sua città avviene solo negli anni Ottanta. «Sono partita dalle periferie, in particolare il paesaggio industriale e popolare della Bovisa, le sue fabbriche, i gasometri e le case a corte, che stanno scomparendo. Nei luoghi dove si è fatta la storia ora resta il vuoto. Con il vuoto si è cancellata la memoria. Occorre invece recuperare l’ anima dei luoghi, come diceva il filosofo e psicoanalista americano James Hillman. Mai lasciare che l’anima voli via dalle pietre». 

Descriviti con tre aggettivi

«Testarda, determinata e mai soddisfatta dei risultati raggiunti».

Marina Previtali, Torre-Velasca, MI, olio su tela, cm 141x168, 2023.
Marina Previtali, Torre-Velasca, MI, olio su tela, cm 141×168, 2023.

La tua pittura?

«È un tormentato fare e disfare e su come sperimentare nuovi ambiti di ricerca con i materiali: sacchi di iuta a tela grossa grezza, catrame polvere di mattoni… sto girando per cantieri…».

Cosa è per te dipingere?

«È possedere quello che senti. Usi l’esterno, usi il mondo, per significare quello che sei, Quello che si dipinge non è quello che vediamo, ma quello che siamo. Al mondo si scopre solo quello che ci portiamo dentro. La creatività non illustra, non imita, va alla ricerca della propria verità ideale, ognuno ha la sua. Luigi Ghirri, parlando della fotografia diceva: “In fondo in ogni visitazione dei luoghi portiamo con noi questo carico di già vissuto e già visto, ma lo sforzo che quotidianamente siamo portati a compiere, è quello di ritrovare uno sguardo che cancella e dimentica l’abitudine; non tanto per rivedere con occhi diversi, quanto per la necessità di orientarsi di nuovo nello spazio e nel tempo».

Che importanza assume il colore nel tuo lavoro?

«Il colore materico ha un grande valore. È steso con ampie pennellate rapide e decise e con spatole anche grosse, ma anche con velature delicate e trasparenti. Uso molto colori accesi. Il colore per me rappresenta la vita, il pensiero, il cuore, la gioia. La scelta del colore è intuitiva. Dipingo a olio da quando ho iniziato a dipingere. Mi piace usare l’olio perché molto diretto e per la sua consistenza». 

Su tutto, si staglia la Torre Velasca, cogliendola da punti di vista sempre nuovi, inaspettati, sorprendenti, sia quando campeggia senza rivali sulla tela, svettando sui tetti dei palazzi, sia quando è vista dal basso, integrata nel tessuto urbano e ancora quando, in un angolo del quadro, emerge sullo sfondo del cielo.

«Perché ovunque vada ma la ritrovo sempre. La Torre Velasca in tutta la magnificenza dei suoi 106 metri di altezza si erge come un totem urbano o una stella polare della citta. Si pone come l’anti-grattacielo, per la sua forma a fungo e il rivestimento di un caldo materiale granuloso di colore bruno, ispirato alle fortificazioni milanesi e lombarde».

Non ci sono figure umane nei tuoi dipinti. Gli spazi urbani non sono abitati dagli esseri umani, ma soltanto dagli edifici e dai cantieri, dai ponti e dai navigli, dalle strade e dai veicoli

«I palazzi sono il volto della città e diventano dei simboli della condizione vissuta dagli abitanti, fra solitudine e socialità convulsiva».

Perché una grande città come Milano rende così soli?

«I motivi sono diversi. Ma il principale, è che non esiste il senso di appartenenza. Milano è una città di passaggio. Si viene a Milano per crearsi una carriera, per fare successo, È un mettersi in gioco rinunciando al tessuto sociale o capitale sociale che è presente nei centri più piccoli».

Cosa ti auguri per Milano?

«Che torni a fiorire la bellezza per le strade. La bellezza intima, riversata nell’umanità dei rapporti negli spazi pubblici, non quella monumentale di cui  Milano è sempre più schiacciata dalla pressione dei nuovi edifici in lungo in largo, in alto, molti ‘firmati’, interamente dedicati agli uffici, alla finanza e al commercio. Friedrich Nietzsche diceva: “Prima o poi nelle città abbiamo bisogno di vuoto”. Non abbiamo ancora sviluppato in pieno la consapevolezza che lo spazio deve essere lasciato libero per le persone permettendo di creare quello che una società desidera: spazio per le relazioni. Spazi mentali di respiro».

Marina Previtali, Periferia Milano, 2003 olio su tela cm. 87x126
Marina Previtali, Periferia Milano, 2003 olio su tela cm. 87×126

Qual è la forma di degrado che più ti preoccupa di più?

«Ritengo che molti degli orrori e degli errori del nostro tempo siano dovuti proprio alla indifferenza. Alla nostra disattenzione collettiva. Una indifferenza che continua con l’incuria. Da troppo tempo Milano non è curata come si dovrebbe. Lo si nota sia nelle piccole che nelle grandi cose. Anche nelle cose pubbliche. L’arredo urbano approssimativo e una manutenzione pessima è forse una delle note più dolenti sull’impatto estetico della città. Potrebbero essere curate e valorizzate di più. Un esempio? La fontana di piazzale Cadorna è in stato di abbandono, sempre piena di bottiglie di plastica trasformate in una discarica a cielo aperto, con bottiglie, lattine, plastica e cartone che galleggiano in un dito di acqua stagnante. Milano green? Incominciamo dalle aiuole. Le aiuole in città, sono troppo spesso lasciate a loro stesse, con erba e piante secche e rifiuti di incivili a peggiorare la situazione».

Galleria Previtali è uno Spazio espositivo dedicato all’arte contemporanea è situata nella cerchia dei Navigli, in via Lombardini, in un contesto di grande tradizione storica e artistica.

«Il nome Galleria Previtali è dedicato a mio padre. È stato lui, infatti, a incoraggiarci nell’intraprendere quest’avventura, essendo un grande appassionato d’arte e collezionista. invitandoci a intercettare talenti emergenti, ospitare mostre di artisti già affermati, insomma vivere l’arte come prassi di conoscenza, con l’obiettivo di perlustrare i nuovi linguaggi, scegliendo artisti capaci di rinnovare la loro ricerca stilistica. Ci piace organizzare non solo mostre ma anche incontri e dibattiti su tematiche che investono l’arte, la letteratura, il design, l’architettura».

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