Da poco inaugurato, il murale di via Bellini fa parte del progetto “Un nome in ogni quartiere”, creato dal Comune per dare identità a ogni zona
Dal 17 dicembre il Drago bianco del Giambellino spunta dalla grande parete – 25 metri per 12 – senza finestre della scuola elementare Nazario Sauro e si protrae, quasi a proteggerlo, verso il Cag, Centro di Aggregazione Giovanile, di via Bellini 6. L’opera, intitolata Cerutti, inaugurata alla presenza dell’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi, è la ventunesima del progetto “Un nome in ogni quartiere”, l’iniziativa del Comune per dare significato e identità ai quartieri milanesi attraverso l’arte.
«Sono contento che il Drago bianco dia carattere al quartiere. È il Drago del Giambellino, un Cerutti Gino trasfigurato, ma pur sempre lui», ha detto Davide Toffolo, illustratore, musicista e frontman del gruppo Tre Allegri Ragazzi Morti, che ha realizzato il murale insieme all’artista Marco Gortana.
Il Drago bianco del Giambellino è l’ultimo nato in ordine di tempo e segue le opere di street art realizzate più recentemente in via Rota a Greco e in via Bottoni al Vigentino (la mappa completa con la descrizione dei 21 murales).
«Il progetto “Un nome in ogni quartiere” è stato ideato da Milano & Partners/Yes Milano e dall’Ufficio Arte negli Spazi Pubblici nel 2021, quando lockdown e post pandemia rendevano difficili gli spostamenti trasformando ogni zona nel “centro del mondo” – spiega Alice Cosmai, responsabile di Arte negli Spazi Pubblici del Comune di Milano -. Lʹidea era quella di regalare un punto iconico che rappresentasse il quartiere. Milano è sempre stata una metropoli di rioni che sono piccole città-nella-città, e quindi il progetto non poteva non proseguire. Considerato che i Nuclei di Identità Locale, i Nil, sono più di 80, il progetto prende forma anno dopo anno…».
Chi sceglie gli artisti, l’oggetto da rappresentare e il luogo preciso?
«Prima di tutto l’Ufficio Arte negli Spazi Pubblici trova le superfici su cui sia più sensato e possibile realizzare i murales. Si prediligono quelle di proprietà comunale o comunque pubblica, a meno che non ci sia una richiesta diretta dei cittadini nel mettere a disposizione parti private ma, anche in questo caso, la superficie deve essere, di fatto, talmente visibile da considerarsi “di tutti”, ad esempio affacciata su un parco, una piazza o un punto strategico del quartiere. Si passa poi al contatto con gli interlocutori per decidere l’oggetto. Ci rivolgiamo a una o più comunità locali con cui avviare la fase di ascolto che porta a identificare il messaggio e l’artista a cui potersi rivolgere: non si sceglie a priori. Si organizzano quindi dei momenti di incontro tra il producer individuato e, solitamente, il Municipio di riferimento. Lo scopo è identificare la comunità disponibile a organizzare laboratori creativi che forniranno idee e spunti per creare il murale identitario».
Quali sono i progetti che saranno realizzati in futuro?
«Nel 2025 vorremmo creare i murales di Lambrate e NoLo e dedicarci a molti altri obiettivi, non solo di muralismo, ma anche legati a monumenti e poster art».