Annig Raimondi: donna, attrice e regista al PACTA. dei Teatri 

Il gioco delle parti Annig Raimondi

In occasione dell’8 marzo abbiamo intervistato Annig Raimondi, ideatrice della rassegna DonneTeatroDiritti arrivata alla XVI edizione. 

Annig Raimondi, in Il Gioco delle Parti (foto Emma Terenzio)
Annig Raimondi, in Il Gioco delle Parti (foto Emma Terenzio)

Incontriamo Annig Raimondi nella sala prove allestita con un telo nero sullo sfondo e una scrivania. Dai finestroni arrivano attutiti schiamazzi di studenti del complesso scolastico di via Ulisse Dini, in cui risiede anche il Pacta Salone. Co-fondatrice del Teatro Arsenale di Milano, nel 2008 Raimondi fonda PACTA. deiTeatri prima al Teatro Oscar e dal 2016 al Salone di via Dini. È attrice, regista, drammaturgo, direttore artistico, curatore di rassegne, docente.

Annig, quanto gioca il tuo essere donna nel poliedrico gioco delle parti che reciti ogni giorno nella vita e in scena? 

«Come donna sono parte di una famiglia con cinque figlie, mamma architetto e papà ingegnere. Come sorella maggiore, quando è mancato mio padre, sono stata investita di una certa responsabilità, un ruolo in cui stavo bene e che mi è servito andando avanti. Per me è normale avere un occhio largo sulle cose da fare concretamente. E questo mi è rimasto nel tempo».

L’incontro con l’arte come è avvenuto?

«È stato un incontro casuale, come un fiore che sboccia. Iscritta alla facoltà di chimica industriale, cambiai indirizzo dopo appena tre mesi verso lettere e teatro. Come donna, nel mondo dell’arte, della creatività non senti la differenza di genere, si è piuttosto liberi. Al tempo di Shakespeare gli attori erano uomini che recitavano le parti femminili. Però si vive in una società dove l’atteggiamento di prepotenza è generale, in qualsiasi campo». 

Quando hai ideato la rassegna DonneTeatroDiritti?

Annig Raimondi, foto HD

«In un momento particolarmente legato alla violenza di genere, 16 anni fa, poi ho ritenuto necessario ampliarlo con uno sguardo sui diritti dei popoli, degli individui, sulla guerra, sulle identità schiacciate, sulle libertà negate. La prepotenza purtroppo cresce a livello esponenziale in ogni luogo e situazione, basta vedere come l’America stia schiacciando anche noi. Il progetto che porto avanti è l’arte a favore dei diritti, dove tutte le arti restituiscono uno sguardo etico, umanistico e scientifico sulle cose. È quindi un progetto che si fonde sull’attraversamento dei linguaggi: tutte le arti possono concorrere a supportare, quello che poi è l’Agenda 2030, lo sviluppo sostenibile con discorsi sui diritti, sulla scienza, sulla musica sperimentale, sulla danza e le arti visive».

Vivi l’arte con un intento formativo?

«Con senso di responsabilità. Il teatro è per divertire e al contempo per parlare delle cose di oggi. Se i nostri stimoli incidono anche da un punto di vista etico, allora anche la domanda da parte dello spettatore si alza. Per questo la formazione è anche un nostro compito verso i giovani, le fragilità, il cittadino comune».

Come vivi il gioco delle parti come donna e attrice?

«Di come si è in scena e di come si è nella realtà? Ebbene, il doppio è sempre un ruolo molto affascinante: quando vado in giro per strada, come chiunque si occupi di creatività, ho un particolare sguardo sulle cose che poi rielaboro e porto in scena. La vita è la fonte più ricca delle nostre ispirazioni: io porto sulla scena quello che sperimento nel rapporto con gli altri, che è già un nutrimento fatto di sensi e sensazioni, a cui segue la rielaborazione dell’intelletto». 

Il teatro quindi è un rigiocare?

«Sì, il rigioco si basa su un fondo poetico comune che è la vita che hai vissuto fin dalla nascita. Il teatro ti permette di portare a galla queste sensazioni e ripresentarle in altra forma, rielaborarle a seconda

Annig Raimondi

del momento che stai vivendo, quel fondo poetico è quello da cui tu attingi. Poi lo rigiochi e ti rapporti. Il gioco delle parti di Pirandello è la messa in pratica di tutto questo, in particolare nell’opera dove un’attrice recita la parte di un’attrice che si domanda il senso della vita davanti a uno specchio».

«Il teatro mette insieme quelli che hanno un desiderio e che stanno cercando. Il tema del desiderio è molto importante, è risvegliare, desiderare qualcosa. Purtroppo, oggi si vive tra continue illusioni e disillusioni, non sappiamo neanche più dove si va a finire tra ambiente, Europa, salute».

Il gioco degli specchi ricorre anche in uno spettacolo che tu riallestisci

«Sì, Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde, in scena dal 21 al 30 marzo. Quello di drammaturgo e regista è un ruolo che mi interessa molto. Quando mi appassiono a un romanzo mi piace immaginarmelo in scena, così comincio a scrivere la trasposizione. Con Dorian Gray, siamo in un periodo di grande narcisismo, l’ho giocato sui tre personaggi: Lord Harry, una sorta di influencer, Basil il pittore, il buono per eccellenza e Dorian Gray, il fanciullo plasmato con un patto col diavolo, il cui percorso sarà una discesa all’inferno. È una storia mitica, il problema della giovinezza, dell’invecchiamento dell’apparire a tutti i costi, come era nella società vittoriana inglese». 

Qual è il riferimento all’oggi?

«Noi oggi siamo spudoratamente sui social e se non appariamo ci sembra di non esistere, di non avere identità. Tutto spinge in direzione della vanità e del desiderio sfrenato di potere, e per avere potere devi possedere, influenzare, far perdere la libertà alle persone e renderle succubi. È la manipolazione non solo della forma ma anche dell’animo».

Questo ci avvicina al tema della Fattoria degli Animali, in cui invece reciti.

«Qui recito più parti. Anche questo è un testo letterario di George Orwell, non è nato per il teatro, è una narrazione dove io sono non dalla parte dei maiali, i nuovi padroni, ma degli altri animali, come la cavalla, che si fa leggere i comandamenti e dice, “ma scusa non c’era scritto una roba diversa? I comandamenti qui li sta cambiando il potere”. È molto interessante il testo, è divertente, lo recitiamo in tre: Riccardo Magherini impersona i maiali, quindi il potere. Giovanni Battista Storti e io siamo più dalla parte degli animali umiliati e traditi».

Da sinistra, Storti, Annig Raimondi e Magherini durante le prove della Fattoria degli Animali (foto Davide Mariani)
Da sinistra, Giovanni Battista Storti, Annig Raimondi e Riccardo Magherini durante le prove della Fattoria degli Animali (foto Davide Mariani)

Come uscire da questo mondo in cui i diritti umani sono umiliati e offesi?

«Parliamone! Il teatro è aperto dalle 10 di mattina in poi. Stiamo creando nel foyer uno spazio raccolto dove il pubblico possa partecipare in modo più attivo, che permetta uno scambio di opinioni. Noi offriamo un luogo e degli appigli per orientarsi su come uscire dalla vacuità in cui siamo immersi. Faccio un appello alle persone: vivete il teatro come una casa aperta e familiare, in cui trovare stimoli, creare opportunità, costruire percorsi insieme, o semplicemente leggere un libro seduti nelle poltrone. Questo per noi è Affordance, un invito a vivere il teatro. Parliamone!»

Informazioni

XVI Rassegna DonneTeatroDiritti: dal 7 marzo al 7 maggio 2025

PACTA Salone, via Ulisse Dini 7, Milano Tel. 0236403740 biglietteria@pacta.org  www.pacta.org 

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