«Macché disabili: quando usciamo di casa siamo dei gladiatori»

Barriere architettoniche -. È la filosofia del professor Riccardo Taverna, lui stesso colpito da gravi difficoltà motorie. Con il Municipio 5 sta studiando il nuovo supporto tecnologico per consentire di segnalare al Comune quelle da abbattere.

Riccardo Taverna
Riccardo Taverna, comunicatore, esperto di sostenibilità aziendale e presidente di WeGlad

Riccardo, all’età di 23 anni, sente una debolezza dell’indice della mano destra e inizia una caccia alla causa, che viene identificata solo dopo dieci anni e molte cure dopo. La malattia si chiama polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica (Cidp), ovvero una malattia neurologica degenerativa del sistema nervoso, che lo costringe sulla sedia rotelle.

Riccardo Taverna oggi, a 61 anni, è un ​​comunicatore, esperto di sostenibilità aziendale, studioso della reputazione, docente presso l’Università Cattolica del master Professione sostenibilità e presidente di WeGlad (abbreviazione di Welcome Gladiators, “benvenuti gladiatori”, le persone con difficoltà motorie per le quali affrontare gli ostacoli cittadini è un’impresa eroica).

Con il Municipio 5 sta lavorando a un’app che permetterà a chi la possiede di segnalare al Comune gli ostacoli, permanenti o temporanei, che le persone con problemi motori incontrano negli spostamenti quotidiani. Con Riccardo è facile chiacchierare e perdersi nei suoi racconti, nelle analisi, nelle sue intuizioni per cui, quando iniziamo l’intervista, da parte mia arriva, quasi subito, la domanda difficile, che è però quella ricorrente. 

Come ci si relaziona con una persona che ha una disabilità?

«Per prima cosa ti dico come ci si deve rapportare con me. Io dico che non sono disabile perché al sono disabile contrappongo: ho una disabilità. Dire “sono disabile” è un modo di mettere la disabilità dentro di me e questa diventa una parte della mia identità. No, la mia disabilità è una caratteristica esterna, come può essere, per un calciatore, un ginocchio con il legamento rotto. Con me ci si può rapportare in maniera totalmente serena. Ti cito il mio amico Vittorio che, durante un incontro in uno studio legale dove il tema era la disabilità, è intervenuto dicendo che la caratteristica di Riccardo è che dopo due minuti che gli parli ti dimentichi che è un disabile. Questa è la mia conquista».

Come si è presentata la tua disabilità?

 «Nell’arco di 15 anni sono finito in sedia a rotelle, dalla quale, negli ultimi 20 anni, mi sono alzato e riseduto un po’ di volte, perché ci sono momenti in cui la malattia recede e la mia situazione migliora. A 48 anni mi ha colpito il Parkinson e a 48 anni e tre mesi ho avuto un infarto».

Il momento del cambiamento

La sofferenza ti mette davanti a due strade: ti ripieghi su te stesso o ti apri al mondo. Quale è stata la tua strada? 

«Ci sono i giorni in cui mi incazzo perché sono malato, ma il mio obiettivo è vivere serenamente e autoironicamente, come se fosse una vita normale. Ho un talento: so ascoltare e so guardare. Durante uno dei primi ricoveri ho conosciuto un ragazzo. Era un periodo in cui cominciavo a recriminare sulla mia situazione. Mi racconta che il giorno dopo verrà operato per un tumore maligno al cervello. Intervento da cui non sa se uscirà vivo e, nel caso, in quali condizioni. Mi sono detto: devo vivere perché persone come lui lo meritano e, se deve lasciare un segno dentro di me, me lo porterò dietro. Quello è stato il momento di cambiamento. La svolta nel mio modo di affrontare ciò che mi aspettava».

Imprese e sostenibilità

Come si è modificata la tua vita?

«Ha cominciato a cambiare il mio modo di vedere la vita. Il giovane yuppie che ero è stato sostituito da una persona che si occupa e si preoccupa degli altri nonostante le proprie menomazioni. Ho iniziato a fare del bene aiutando le imprese a diventare sostenibili e a gestire le risorse umane con dignità».

Milano è la tua città: come dovrebbe essere? 

«Dovrebbe avere maggiore consapevolezza e riconoscimento per chi ha il coraggio di lottare per cambiare le cose. Le persone con disabilità si arrabbiano soprattutto perché non vengono ascoltate. Solo prendendo in considerazione i numeri ci si accorge della dimensione del  fenomeno: a Milano ci sono 190mila persone con difficoltà motorie. Ne vanno capite le necessità e quale deve essere la risposta. Come farà la app a cui stiamo lavorando con Municipio 5. 

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