Giambellino – Al Laboratorio di Antropologia del Cibo sono più di venti i corsi serali che esplorano le culture culinarie del pianeta
«Salame turco di manzo speziato; affumicato di melanzane; insalata di olive con noci, melograno e cipollotti». Selin, la cuoca di stasera, presenta l’antipasto che intanto Astou distribuisce ai partecipanti. Gabriel prepara il ghiaccio per il raki, mentre le persone che siedono intorno alla cucina a isola del Laboratorio di Antropologia del Cibo (Lac) si preparano al viaggio. «Facciamo uno sforzo di immaginazione in cui siamo in Turchia, non in Giambellino», dice Gabriel. I dodici fortunati che sono riusciti a prenotarsi per la serata turca iniziano a gustarsi l’esperienza con gli occhi e con l’olfatto. Gabriel Rentaria Linda è italo messicano e anche lui è un cuoco del Lac. Insieme ad Astou Ndiaye, senegalese, cuoca del Laboratorio e abitante del Giambellino, sono ormai colonne portanti di questo angolo di mondo situato in via privata Metauro, a cinque minuti da piazza Napoli.
Il Lac nasce nel 2021 dall’idea di Giulia Ubaldi, un’antropologa del cibo, mestiere che ha ritagliato su sé stessa, unendo la formazione alla passione per le tradizioni culinarie. Dopo un’esperienza decennale di ricerca e pubblicazioni gastronomiche, la fondatrice ha deciso di creare un luogo destinato ai curiosi (e ai golosi) del mondo che vogliano trascorrere qualche ora da antropologi del cibo. Il Lac infatti non è una scuola, una cucina come le altre, non è uno show-cooking, non è un ristorante: è un posto che mette al centro lo studio dell’esperienza umana degli individui e della società attraverso l’esplorazione delle culture culinarie del mondo.
Serate culinarie: il giro del mondo al Lac!
La lavagna in ingresso espone un calendario fitto di corsi serali, consultabile anche sul sito. In un paio d’ore, durante le serate si parla, si cucina e si mangia insieme attorno a un tavolo: si può aiutare il cuoco nella preparazione, limitarsi a prendere appunti, chiacchierare con i commensali o fare domande al docente. “Il giro del mondo al Lac!” inizia in India il martedì con Niraj e finisce il sabato in Libano con Yara, lasciando spazio anche per eventi privati. La proposta è ampissima e cambia ogni settimana: dal Giappone a Taiwan, dai Caraibi alla Palestina. Il cuore del progetto è in realtà nelle persone che quelle tradizioni culinarie le hanno conservate e tramandate, ma anche trasformate intrecciandole con il loro personale vissuto.
Selin Kaya, ad esempio, porta la sua cucina, legata sì alla tradizione culinaria turca, ma anche filtrata attraverso i suoi ricordi e la sua esperienza. «Questa passione è entrata nella mia vita quando ero piccola e per saltare la scuola chiedevo a mia mamma di cucinare insieme», racconta Selin mentre, mano e mattarello, stende la pasta fresca sull’ampio piano in marmo accanto ai fornelli. «Adesso però tocca a voi»: con un gran sorriso la cuoca invita una signora tra i partecipanti per farsi aiutare. «Quando una ricetta è autentica secondo voi?» chiede Gabriel ai commensali che intanto studiano quella della pasta fillo di Selin trovata nelle cartellette vicino ai loro segnaposti. «L’autenticità sta nel portarsi dietro un bagaglio di memoria, nel significato profondo e sentimentale che ha per chi la tramanda», rivela Gabriel.
Il metodo antropologico del progetto Lac si basa sull’adozione del punto di vista di chi tiene il corso, che permette di esplorare le diversità culturali non come estranee, ma come parte di un dialogo inclusivo. Se è vero che tante persone oggi viaggiano in tutto il mondo senza arrivare a conoscere realmente molto di più del cortile di casa, basta ascoltare le storie dei cuochi e immergersi nella loro cucina per immaginarsi subito altrove.
Tacos messicani farciti con guancia alla piemontese
Tra la carta dei vini e un libro su Istanbul, Gabriel indica una tesi di laurea: «È di Gaia Rossetti, un’antropologa che definisce l’esperienza al Lac e in generale la cucina come attività antropopoietiche», e giù con le proteste scherzose dei partecipanti («antropopo…che?»). «Mi spiego con un esempio», continua Gabriel, «prima di insegnare al Lac, vivevo la mia condizione di italiano e messicano, come se fossero separate, come cioè se con una mano cucinassi la carbonara e con l’altra i tacos. La cucina però mi ha insegnato a unire quelle che consideravo due “mezze” identità per costruirne una sola: la mia». E infatti, nella cucina di Gabriel, che in via Metauro è come dire “a casa di Gabriel”, si propongono tacos messicani farciti con guancia alla piemontese.
Dietro al locale, un box auto ospita una piccola biblioteca del laboratorio che è a disposizione della comunità di quartiere. Il Lac è così diventato un luogo di aggregazione e dialogo con il Giambellino. Arriva anche Giulia Ubaldi alla serata di cucina turca con Selin, saluta i partecipanti e i cuochi. Per lei la scelta del Giambellino è anche simbolica: «Sono nata qui, non avrei scelto altro posto per il Laboratorio di Antropologia del Cibo. Il quartiere riflette una dimensione quotidiana e popolare, dove le origini culturali diverse dei suoi abitanti si mescolano senza che nessuna risulti dominante sulle altre».
Di Francesca Menna
Laboratorio di Antropologia del Cibo (Lac) via privata Metauro (zona piazza Napoli) 20146 Milano