A 140 anni dall’inaugurazione della diga del Panperduto e del primo tratto, il libro sull’impresa di Eugenio Villoresi, l’ingegnere che volle fortissimamente portare acqua alle terre arse, scritto dal pronipote Valerio Villoresi
Se da più di duemila anni Milano vive sopra un mare di acqua, che nel tempo è stata la sua ricchezza – basti pensare alle marcite dei monaci cistercensi, capolavori di ingegneria idraulica, che resero floride le campagne in origine acquitrinose – al contrario il territorio a nord, situato tra i fiumi Ticino e Adda, ha sempre avuto grandi problemi di siccità tanto da essere denominato “Pianura asciutta”. Fino a quando, nella seconda metà dell’Ottocento, un ingegnere visionario, Eugenio Villoresi, immagina di utilizzare l’acqua dei laghi Maggiore e di Lugano per creare una rete idrica utile a rendere fertile il territorio, fornendo anche forza motrice alle prime fabbriche.
Nasce così il progetto del Canale Villoresi, un’opera colossale e rivoluzionaria per quei tempi. All’inizio fortemente osteggiato dall’aristocrazia terriera e dai poteri forti a questa legati, prende vita faticosamente: la prima concessione è del 1868, ma i lavori termineranno solo nel 1884. Eugenio, che si spegne nel 1871, non riesce a vederne il compimento. La sua opera sarà portata a termine dal figlio Luigi con il sostegno finanziario della Società Italiana delle Acque. Oggi, in occasione dei 140 anni dall’inaugurazione del canale, il pronipote Valerio Villoresi, dottore commercialista e scrittore con una forte passione per l’arte, ha pubblicato il libro Il mormorio del mare (ed. Minerva) che rievoca e fa luce sugli aspetti meno conosciuti della vicenda.
Il suo ultimo romanzo è una saga familiare o uno spaccato dell’epoca?
«Il libro traccia le tragiche vicende della famiglia Villoresi, dalla morte del padre Luigi alla successiva rovina della famiglia e alla scelta di far studiare solo due degli otto figli. Allo stesso tempo è l’occasione per mostrare ai lettori la vita nella campagna lombarda di metà Ottocento, lo sfruttamento dei contadini da parte della borghesia agraria e, nel contempo, i sentimenti positivi verso il progresso e la tecnica che si stavano sviluppando nella società. Il padre di Eugenio, Luigi Villoresi, era il direttore dei Giardini Reali di Monza, realizzati per Eugène de Beauharnais, viceré d’Italia. Ma quando la Lombardia viene annessa all’Impero austro-ungarico, muore assassinato da mano ufficialmente ignota.
La vedova con otto figli deve trasferirsi in cascina e vive momenti di difficoltà e miseria, sempre però sostenuta dai contadini nei momenti più duri. Solo due figli, uno dei quali è Eugenio, potranno proseguire gli studi, mentre gli altri andranno in seminario. Quando Eugenio si laurea in ingegneria, gli avvenimenti familiari si intrecciano con la storia e le vicende sociali. Con spirito visionario e idealista, Eugenio immagina un sistema di irrigazione che porti le acque nei territori a nord di Milano, all’epoca assai aridi – la cosiddetta Pianura asciutta – con notevoli benefici ai contadini, ma anche allo sviluppo industriale di cui si intravedevano gli albori.
Un’operazione complessa
L’operazione sarà complessa per l’opposizione di molti, sia proprietari terrieri – che dalle siccità ricavavano benefici economici a danno dei contadini -, sia alcuni professionisti del settore che ritenevano tecnicamente impossibile la realizzazione del canale e della diga del Panperduto sul Ticino. E poiché anche i Savoia non erano interessati a un’infrastruttura regionale con finalità sociali, non ci sarebbe stato nessun finanziamento da parte dello Stato.

Restaurata la statua davanti al Politecnico Il monumento a Eugenio Villoresi in piazza Leonardo da Vinci a Milano.
È stato oggetto di recente restauro da parte del Comune nell’ambito delle attività rivolte alla valorizzazione e al recupero di una serie di opere fondamentali a ricordo di personaggi illustri, protagonisti dello sviluppo della città e che ne hanno segnato la storia.
Nel romanzo si legge che la famiglia Villoresi non ebbe benefici economici dalla realizzazione dell’opera.
« La risposta sta nel testamento in cui Eugenio scrisse espressamente che nulla dovesse essere lasciato in eredità ai figli e che i proventi del canale andassero esclusivamente a beneficio del territorio. Solo il nome doveva ricordare l’ideatore dell’opera. Sia Eugenio, che l’ha iniziata, sia il figlio Luigi, che l’ha portata a termine, l’hanno sempre considerata una restituzione alla gente dei luoghi: un dare sollievo ai contadini che avevano aiutato la famiglia nei momenti più duri, emancipandoli dai proprietari terrieri che vendevano loro l’acqua a caro prezzo. La generosità di Eugenio, secondo il monito evangelico “Portate gli uni i pesi degli altri”, e il suo esempio di dedizione alla comunità hanno fatto sì che venisse soprannominato “l’Ingegnere di Dio”».

Fondamentali e bellissime, le dighe artificiali Le Dighe di Panperduto sono il terzo sbarramento artificiale sul fiume Ticino a valle del Lago Mag giore. Gioiello d’architettura industriale proget – – tato verso la fine dell’Ottocento da Eugenio Villoresi, rappresentano tuttora il cardine dell’intero sistema idraulico del Ticino orientale. Immerse nel Parco regionale lombardo della Valle del Ticino, offrono uno scenario unico per bellezza e biodiversità. Il percorso navigabile nel bacino di calma delle Dighe permette di apprezzarne al meglio il sistema di regolazione.
Lungo circa 700 metri, largo dai 90 ai 50 metri, il bacino di calma poggia sulla sponda sinistra del terrazzo originario del fiume, mentre a destra è delimitato, per i primi 120 metri, da un muro di contenimento, e poi da un doppio argine in terra. Numerosi i ma nufatti idraulici che si osservano: lo sfioratore – – per smaltire le acque del bacino quando il livello supera quello massimo consentito –, l’edificio di presa dell’incile e le opere di regolazione del ca nale Villoresi, del canale industriale, del sistema – dei Navigli, e lo scaricatore delle sabbie.
Lei svela anche una vicenda poco nota: il ruolo della chiesa e del papa.
«Durante le confische dei patrimoni vaticani da parte dei Savoia emerge la possibilità di utilizzare ingenti fondi in un’opera caritatevole che può salvare molte vite umane. Grazie all’intervento di un intermediario, un deputato piemontese, proprio mentre le banche lombarde rifiutano i finanziamenti, Leone XIII si convince. E attraverso la Società Italiana Acque rende infine disponibili i capitali necessari alla realizzazione del Canale».

L’acqua del canale bagna l’albero della vita di Expo Dal Canale Villoresi nasce l’attività del Consorzio di Bonifica Est Ticino Villoresi (ETVilloresi) che si occupa dell’irrigazione e della bonifica idraulica di un comprensorio di circa 391.000 ettari, esteso su sette province (Milano, Lodi, Monza e Brianza, Pavia, Varese, Como e Lecco), i cui con fini naturali sono Ticino, Adda, Lambro e Po.
Il – Consorzio gestisce anche le acque superficiali e di falda, occupandosi di valorizzarne la rete a fini paesaggistico-ambientali, ricreativo-turistici, culturali ed energetici, e comprende anche i territori irrigati con le acque derivate dai Navigli Grande, Bereguardo, Pavese e Martesana. Per l’Expo 2015, il canale Villoresi ha alimentato lo specchio acqueo e le fontane della Lake Arena, il bacino artificiale che ospita la grande installazione artistica dell’Albero della Vita, oggi all’interno del parco scientifico MIND.