Per valorizzare il Parco Sud, godiamocelo

Intervista a Gioia Gibelli, architetta paesaggista, docente, autrice di decine di studi e consulente di Amministrazioni pubbliche, che propone un nuovo modello di sviluppo che alle coltivazioni storiche affianchi agricoltura di prossimità, turismo e mobilità dolce

Cascina Merina a Zelo Surregone. Foto Gianni Berengo Gardin.
Cascina Merina a Zelo Surregone. Foto Gianni Berengo Gardin.

Gioia Gibelli è architetta del paesaggio di lunga esperienza, consulente di numerose amministrazioni pubbliche, autrice di parecchi piani e progetti che hanno vinto concorsi e premi, anche internazionali. Incontrata al Convegno per i 140 anni della diga del Panperduto, uno degli snodi idraulici più importanti della Lombardia da cui ha origine il canale Villoresi (vedi ISM, febbraio 2025), le abbiamo chiesto quale sviluppo potrebbero avere i territori del sud Milano.

Architetta, a suo parere funzione agricola e ricreativo-turistica possono convivere?

«Certamente sì. In Italia, i paesaggi, grazie alla varietà, la bellezza e la storicizzazione che li caratterizzano, potrebbero davvero rappresentare una risorsa economica. Purtroppo, non ci rendiamo conto delle potenzialità di questo patrimonio unico che stiamo perdendo per mancanza di un’adeguata tutela, di trasformazioni territoriali sbagliate e, non ultimo, per la nostra difficoltà a valorizzarlo».

Cascina Cassinetta. Foto Gabriele Basilico.
Cascina Cassinetta, a Rosate. Foto Gabriele Basilico.

In un’ottica di sviluppo sostenibile il Parco Agricolo Sud Milano può essere un modello?

«È un momento topico per il Parco: la sua gestione sta infatti per passare, dopo 35 anni, dalla Città Metropolitana alla Regione Lombardia.  Un passaggio che fa un po’ paura, perché si fatica a capire quale sia l’obiettivo reale sotteso a questa decisione. Io amo pensare positivo e prendo questo cambiamento come un’opportunità di rifondazione del parco che ha, e ha sempre avuto, una serie di meraviglie ma anche problemi e questioni irrisolte. In un momento di grande incertezza, climatica, socioeconomica, geopolitica, sono convinta che i parchi dovrebbero porsi obiettivi nuovi: non solo limitarsi alla mera conservazione del territorio – imprescindibile – ma anche trasformarsi in una sorta di laboratori a cielo aperto. Ad esempio, una nuova agricoltura che sostenga la transizione sia climatica, sia ecologica, e che ridefinisca il rapporto città-campagna, oggi in una fase di progressivo scollamento». 

La Muzza, a Conterico. Foto Gabriele Basilico.
La Muzza, a Conterico. Foto Gabriele Basilico.

Negli ultimi anni si assiste a un incremento della mobilità dolce e del cicloturismo, anche all’interno del Parco Sud.

«I percorsi ciclopedonali un po’ alla volta stanno crescendo. Ciò che invece non sta crescendo affatto sono i servizi al cicloturismo. Una soluzione a questa mancanza potrebbe arrivare dal coinvolgimento delle cascine presenti sul territorio.  Al cicloturista cosa serve? Un luogo dove fermarsi a dormire la notte o poter piazzare una tenda; e poi servizi igienici, una lavatrice-asciugatrice e una bacheca con un set minimale di attrezzi per la manutenzione della bici. Insomma, con un investimento minimo, gli agricoltori potrebbero fornire un servizio utile e richiesto che permetterebbe la fruizione sostenibile del parco e dei luoghi di interesse artistico presenti all’interno: come, ad esempio, le splendide abbazie cistercensi. Senza contare l’impatto economico del cicloturismo sull’indotto che, come dimostra ad esempio il Trentino, viaggia ormai su cifre a diversi zeri». 

Cascina Vione a Basiglio. Foto Gianni Berengo Gardin.
Cascina Vione a Basiglio. Foto Gianni Berengo Gardin.

Come imprimere un cambio di passo all’economia del paesaggio?

«Io credo manchi una visione di futuro e un po’ di coraggio. I fondi ci sono, soprattutto negli ultimi tempi, grazie alla pioggia di soldi del Pnrr. Nonostante ciò, si ripropongono gli stessi approcci che ci hanno portato alla crisi ambientale, economica e sociale. Sono preoccupata, anche perché la metà dei soldi ricevuta dall’Unione Europea è un prestito che andrà restituito. Al posto di investimenti vedo solo spese. La politica sembra non si accorga di questa differenza fondamentale. Inoltre, se ogni volta che è necessaria una trasformazione o un progetto territoriale, si ricorresse di più agli architetti del paesaggio, probabilmente i risultati sarebbero diversi, non solamente dal punto di vista dell’efficienza, ma anche dell’inserimento dell’opera nel paesaggio».

Cascina Merina, a Vermezzo con Zelo. Foto Gianni Basilico.
Cascina Merina, a Vermezzo con Zelo. Foto Gianni Basilico.

Riapertura dei Navigli, cosa ne pensa?

«Milano è una città d’acqua. La mappa del reticolo idrico è come una ragnatela, di cui i Navigli sono solo una parte. Cosa ne facciamo di tutta questa acqua? Continuiamo a lavorare utilizzando le vasche di laminazione che occupano spazio e vanno ogni volta pulite, o vogliamo provare a gestire l’acqua in modo più intelligente? Il clima sta diventando più caldo e più secco, i climatologi ce lo dicono. Avremo siccità sempre più lunghe e minore disponibilità di acque dolci in Pianura Padana. Le città dovranno trasformarsi in città “sorgenti”, ovvero in città in grado di produrre acqua. Come? Raccogliendo le acque meteoriche e parte delle acque reflue, che oggi finiscono in fognatura, per poi rimandarle all’agricoltura. Fantascienza? No, basta rileggere Carlo Cattaneo (1801 – 1869 – NdR) che descrive come un tempo le acque reflue finissero nella roggia Vettabbia per poi tornare nei campi a “ingrassare” la campagna. Milano che ha nel proprio Dna la predisposizione a innovare, non dovrebbe focalizzarsi unicamente sulla riapertura dei Navigli, ma su tutto il sistema delle acque. Un ottimo compito per un nuovo sindaco».

Negozio di campagna, a Mezzate. Foto Gianni Berengo Gardin.
Negozio di campagna, a Mezzate. Foto Gianni Berengo Gardin.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *