La gentilezza arma di sopravvivenza sociale per il futuro. In Municipio 5 il giornalista Mario Calabresi si è confrontato con i consiglieri sull’aggressività e il malessere psicologico dilagante

Un atto gentile. Foto Paolo PIzzetti.
Un atto gentile. Foto Paolo PIzzetti.
Un atto gentile. Foto Paolo Pizzetti.

Assistiamo sempre più in ogni contesto, a partire dai media, nelle strade, nelle scuole, in famiglia a un’aggressività diffusa spesso immotivata, a un’intolleranza virulenta, a un disinteresse degli altri che sembra aver rotto gli argini e pervaso ogni strato sociale. I numeri fotografano situazioni drammatiche, con un disagio giovanile importante e l’aumentare del diffondersi di problematiche psicologiche e psichiatriche. Come si combatte – nel piccolo, nell’impercettibile, quasi sotto la lente del microscopio – un malessere così subdolo da far perdere di vista il destino comune di tutti e, soprattutto, la necessità di “stare insieme”, sopravvivere insieme, attraversare la vita con uno sguardo, benevolo e a tratti affettuoso verso gli altri?

Il giornalista Calabresi, papa Francesco, lo scrittore Gianrico Carofiglio

“Gentilezza” può essere la risposta. Sembra solo una parola invece è un codice virtuoso, uno stato mentale, uno stile di vita. È un tema che comincia a farsi largo nel dibattito e nel sentire comune. Molti intellettuali e scrittori ne parlano, approfondendo l’argomento e proponendo che torni “di moda”. Papa Francesco l’ha più volte evocata come antidoto alle “patologie della nostra società”. Anche Gianrico Carofiglio affronta il tema, ormai così centrale nel dibattito culturale, sociale e politico, con il suo libro Della gentilezza e del coraggio – Breviario di politica e altre cose.

Il giornalista Mario Calabresi, scrittore, ex direttore di testate importanti come La Stampa e Repubblica, fondatore e direttore di Chora Media, la prima podcast company italiana, ne parla in quattro podcast pubblicati sulla piattaforma che dirige, e su questo tema si è confrontato in Consiglio di Municipio 5, in seguito alla mozione proposta dal consigliere Erminio Galluzzi.

La prima considerazione del giornalista riguarda il periodo del Covid. «Dalla pandemia non siamo usciti migliori o peggiori ma, semplicemente, ognuno rinforzando le proprie caratteristiche di base». Chi già prima era dedito agli altri, dopo l’esperienza traumatica del lockdown ha impegnato ancora più energie al servizio della comunità. Allo stesso tempo i disillusi, i cinici, o semplicemente gli egoisti hanno accresciuto la propria inclinazione al menefreghismo. Così la gentilezza appare più a portata di chi può permettersi di essere gentile, cioè le persone forti. Coloro che invece si sentono deboli, coprono la propria debolezza con atteggiamenti inutilmente aggressivi e prevaricatori. «Siccome oggi il gioco prevalente è quello nervoso e aggressivo – ha spiegato Calabresi – allora io penso che partecipare alla partita in un altro modo sia la chiave fondamentale per cambiare la partita stessa. È dalla dimensione comunitaria che bisogna immaginare di recuperare la gentilezza – ha proseguito il giornalista facendo riferimento al ruolo del Municipio -. Seminare gentilezza nelle scuole, nelle istituzioni, nei momenti collegiali credo sia necessario e fondamentale. Così come immaginare il rallentamento dei ritmi e uno stile di vita più sostenibile».

Codice virtuoso di ogni comportamento

Nella sua ricerca, all’interno del podcast Sulla gentilezza Calabresi inserisce un quesito molto interessante: la gentilezza appartiene solo al mondo animale? Si rivolge a Stefano Mancuso, massimo esperto in materia di piante, che le definisce “gli organismi viventi in assoluto più gentili riguardo al loro comportamento nei confronti dell’ambiente che le ospita”, regalandoci così un punto di vista ambientale che risulta strettamente correlato ai comportamenti sociali e antisociali. L’essere gentile non può riguardare solo le interazioni fra simili ma deve essere un atteggiamento riflessivo che abbraccia globalmente la nostra impronta nel mondo. Scegliere con chi essere gentili inficia di per sé l’assioma che l’esserlo, migliora ciò che ci circonda. Un gesto gentile è come un sasso nello stagno: propaga effetti positivi. La gentilezza può essere diretta verso chiunque, può essere intraspecifica o interspecifica, non dimenticando, non tralasciando i rapporti di forza, di equità, anche etici.

A valle delle sue riflessioni spiega che ci vuole coraggio e capacità di uscire dalla gabbia dell’ego, usando anche il senso dell’umorismo per allenare la capacità di uscire da sé stessi. Racconta di come ciascuno di noi possa compiere azioni giuste e sbagliate; la differenza sta nella reazione: c’è chi è pronto ad ammettere l’errore e chi, pur di nasconderlo, agisce in modo aggressivo pretendendo la ragione.

Il coraggio della gentilezza La gentilezza che si alimenta di coraggio è quella che smina i conflitti, che risponde all’aggressività con accoglienza, che utilizza la mitezza come forma mitigativa del conflitto, come ha accennato anche Papa Francesco in riferimento alla comunicazione attuale che sembra avere come obiettivo colpire e affondare l’interlocutore attraverso forme di guerra verbale. Accettare la complessità del mondo affrontando cautamente le situazioni e offrendo un punto di vista gentile e un approccio tollerante, e praticando l’arte di mettersi nei panni di chi ci sta di fronte, è la grande sfida del prossimo futuro.               

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