Alla scoperta dei cortili di corso San Gottardo

Il 28 settembre si è svolta una passeggiata guidata alla scoperta della magia della Milano di una volta, nascosta alla vista di chi vive la città con la frenesia dei nostri tempi: i cortili di corso San Gottardo.

Questi meravigliosi cortili sono quasi sempre chiusi e inaccessibili al pubblico. Per questo abbiamo proposto una giornata in cui si è potuto entrare ad ammirare questi scorci molto pittoreschi e di alto valore storico-culturale, tra i pochi ancora autentici e densi di significati», racconta Luisa Gerosa, assessora alla Cultura e Biblioteche del Municipio 5, che con San Gottardo Meda Montegani Social Street , l’associazione Borgo San Gottardo, e Galleria&Friends hanno organizzato il 28 settembre “Cortili aperti” in San Gottardo.

La passeggiata, a cura di Elisabetta Invernici e Alberto Oliva, ha condotto una folta comitiva in un viaggio nella storia di quello che era, fino a non molti decenni fa, un quartiere popolare tipicamente milanese, e che oggi è uno dei luoghi più glamour di Milano. Qui nei tipici cortili lunghi e stretti, tra fiori e piante rigogliose, accanto alle abitazioni più fedeli alle case di ringhiera di un tempo, con il ballatoio comune che corre lungo tutto il piano e su cui si affacciano le porte di ingresso delle singole abitazioni e qualche panno steso al sole e all’aria ad asciugare, fanno capolino le botteghe di artisti e laboratori artigiani.

Antichi torchi e atelier di alta moda

“Cortili aperti” è iniziata dal civico 14 di corso San Gottardo, dove Carla Conti e Giordana Masotto hanno allestito due momenti espositivi. Carla ha accompagnato il pubblico fin dentro casa sua ad ammirare l’archivio del marito Nino Crociani con l’antico torchio e le incisioni realizzate lungo tutta la sua lunga carriera. Dall’altro lato del cortile, Giordana ha raccontato la storia di Luigi Fagioli attraverso una bella selezione di quadri e opere.

Giunti al 18 di corso San Gottardo, si è potuto ancora ammirare una delle vecchie corti con doppio ingresso, dove da via Ascanio Sforza si scaricavano i latticini dalle chiatte che arrivavano sul Naviglio e lo si portava nelle casère. Oggi, in questi stessi spazi, fra agenzie immobiliari e studi di graphic design, ha sede l’atelier di alta moda di Jenny Monteiro, stilista nata in Amazzonia e naturalizzata italiana, che veste influencer e top model di tutto il mondo, animatrice di un movimento in difesa dell’ambiente, in particolare della foresta amazzonica.

Dal restauro di libri ai laboratori artigianali

Attraversato il civico 18 si sbuca su via Ascanio Sforza, al civico 17. Qui ad accogliere il pubblico, c’era Sonia Introzzi, titolare della bottega storica Volumina, specializzata nel restauro conservativo di libri, pergamene, stampe, documenti e opere su carta, attivo sin dal 1984, riconosciuto dal Ministero dei Beni Culturali (il SUD Milano ne ha scritto nel giugno del 2023, in un articolo di Guglielmo Landi, che si può leggere su www. ilsudmilano.it). Fra i libri più particolari sui quali ha lavorato, racconta, ci sono un volume di un’opera di Virgilio risalente al XVI secolo e conservato presso la biblioteca di un collegio comasco e due antichi corali provenienti dalla Veneranda Fabbrica del Duomo.

Nel laboratorio si svolgono anche corsi per amatori. Nello stesso cortile, si affaccia il laboratorio-officina dell’artista e designer di mobili, il danese Anders Lunderskov. Dietro il banco da falegname, taglia, pialla e fresa, crea mobili-scultura, come la chaise longue Siesta, realizzata con un patchwork di cubi di legno di castano affumicato e il tavolo Camelion, in condensato di pino, un centrotavola in legno curvato di quercia con intarsio in acero. I suoi lavori sono esposti al Lisbon Design Week, al Moma di New York, al Mudam di Lussemburgo.

«Adoro l’essenza del cedro, la bellezza dell’ebano Macassar. Lo stesso – svelò al Corriere tempo fa – che ho usato per il primo regalo a mio padre: una scatola da sigari; a mia madre, un leggìo. Da allora non ho più smesso». Nella stanza accanto, la moglie Michela Solari disegna invece deliziosi abiti di cotone toile de jour e dipinge borse in canvas, utilizzando tecniche indiane e giapponesi. Accanto, al civico 21 di via Ascanio Sforza, anche qui cortile doppio racconta molte storie. Sede di un antico convento, ospita una Madonna dipinta, simbolo di un’antica tradizione di devozione e iscrizioni.

Il San Gottardo Meda Montegani Social Street

“Cortili aperti” si è conclusa al civico 37 di corso San Gottardo. Sotto la chioma di un grande albero, Alberto Cavallo ha recitato in una performance teatrale, dedicata a Giunio Melogli, scomparso nel 2021, accompagnato da Miky Degni, artista residente nel cortile, che dipinge con il vino.

«Giulio incarnava tutti i nostri valori, era il vicino perfetto, sempre disponibile ad aiutare gli altri – dice Fabio Calarco, fondatore della San Gottardo Meda Montegani Social Street -. Solidarietà è sicuramente la parola chiave per descrivere la natura del nostro gruppo, una comunità di oltre 17mila iscritti. Dallo scambio gratuito di oggetti, ai consigli, fino ad aiuti ancora più pratici, scovando chi ha bisogno di assistenza. Chi dona un paio di jeans che ormai non mette più, o chi ricicla la bicicletta con le rotelle del figlio che ormai viaggia su due ruote, oppure chi chiede a chi rivolgersi per una visita ortopedica».

El burg de Furmagiatt

Quando nel 1819 il Naviglio Pavese fu reso navigabile, cominciarono i formaggi prodotti nella Bassa Milanese e nella campagna dell’Oltrepò Pavese. Per non pagare il dazio in Darsena, i latticini trasportati dalle chiatte si fermavano negli isolati che dividevano via Ascanio Sforza e corso San Gottardo. Nelle case a corte si crearono così numerose casère (se ne contavano un centinaio) dove, al piano terra e nelle cantine, si trovavano i depositi per la conservazione e la stagionatura dei formaggi, come il gorgonzola e il grana padano.

Nacque così il Burg de’ Furmagiatt, il Borgo dei Formaggiai, che si estendeva appunto tra il Naviglio Pavese e corso San Gottardo. Nei cortili, a terra, c’era e ancora resiste la rizzada, la tipica pavimentazione milanese, con ciottoli di fiume levigati a forma di chicchi di riso. Garantiva un drenaggio ideale del terreno e consentiva di camminare sull’asciutto quando pioveva, perché l’acqua scorreva tra le piccole gole create dalle rotondità dei ciottoli. I milanesi insorti durante le Cinque giornate di Milano contro le truppe austriache, strapparono da terra i ciottoli del selciato per dare avvio alla rivolta.

Han strappaa sù la rizzaada per fa la rivoluzion, si raccontava a Milano.

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